mercoledì 16 dicembre 2015

Come attraverso uno Stargate..

Sono le 9.30 e ho appena fatto colazione. Guardo il paesaggio scorrere dal finestrino mentre in sottofondo suona "Bad" degli U2. Sono in un vecchio treno, rarità da queste parti, che collega Mombasa sulla costa del Kenya con Nairobi. Abbiamo lasciato Mombasa ieri sera verso le 19 e arriveremo, forse, verso le 17. E' da quando sono partito che mi viene in mente Terzani quando descriveva i suoi interminabili viaggi via terra in Asia in questi fatiscenti vecchi treni. La dimensione del treno è sempre magica, e d'altronde è tra i più vecchi mezzi di trasporto, ancora a misura d'uomo e di occhio. Qui ti senti davvero un viaggiatore di un altra epoca. Guardo i baobab disseminati ovunque con la loro buffa forma tozza, con il tronco esagerato, e mi viene in mente il Piccolo Principe e il suo pianeta con i Baobab. anche il viaggio e come un baobab, con radici possenti che penetrano e si aggrappano in profondità.Tra due giorni ho il volo di rientro, e come sempre questi ultimi momenti sono importanti e delicati tanto quanto le procedure di rientro sulla terra per gli astronauti. Tornare a casa è sempre una sfida, a volte quasi più del viaggiare. Tornare è un Arte, portando con se non più uno ma due bagagli, quello portato da casa e quello guadagnato in viaggio. Tornare alle origini, profondamente cambiato ma pur sempre lo stesso. Unire questi due mondi è magia, alchimia e rappresenta la reale maturazione dell'esperienza del viaggio. E' come se negli anni, il vero lavoro sia quello del perfezionare il rientro, metabolizzare e unire, fondere i mondi e dare vita a nuovi se, evoluzioni dello stesso nucleo che si espande e conquista terre interiori.

Guardo il paesaggio e penso a questi tre mesi di viaggio. Mi pare impossibile siano solo tre mesi. Mi pare passato un anno. Rivedo le varie fasi dal mio arrivo in Uganda ad ora. Ricordo il mio stupore nello scendere la scaletta dell'aereo nel continuare a dire a me sesso "l'ho fatto davvero, sono davvero in Africa!!". E ora, tre mesi dopo e' tutto già storia, ho ricordi profondi e stupendi e mi sento di essere stato parte di questi luoghi anche se per poco. Allargo poi la visuale e rivedo l'anno intero, dai primi mesi ad ora. L'incidente di mia nonna e lo stravolgimento famigliare, il duro lavoro con gli anziani in Inghilterra, la ricerca di un nuovo equilibrio a Oxford e il lavoro in Norvegia con l'inattesa separazione. Anno duro, ma finale col botto, con lieto fine in questo viaggio gravido di intuizioni, di visioni e forza.

Stranamente puntuale arrivo alle 17.10 a Nairobi e mi trovo con il couchsurfing che mi ospiterà per due giorni.
Saranno due giorni interessanti, studiando Kiswahili con una ragazza amica delle figlie del tipo che mi ospita. Tuttavia ci sarà poco scambio umano, causa una TV accesa 16 ore di fila - e spenta da me la notte visto che ci dormivo accanto ma con gran stupore del figlio che non capiva perché - che col volume a palla ipnotizzava i presenti compreso il sottoscritto prosciugando ogni desiderio di parlare e interagire.

Negli ultimi giorni, causa wifi assenti e black out vari nel quartiere di Nairobi dove vive questa famiglia, non sono riuscito ad aggiornare il blog, anche per colpa della tastierina che perde un po di colpi e rende difficile digitare.

Ora però vi faccio fare un piccolo salto e siamo in aeroporto. Sono le 21.00 e tra 50 min apre l'imbarco per il volo che sarà alle 22.50.

Ascolto "Parallel Universe" dei Red Hot Chilli Peppers e penso che questo aereo sarà per me più come uno "stargate" che mi riporterà alla dimensione, all'universo precedente, che nel frattempo non sarà più lo stesso, così come pure io non sono più lo stesso. Come chiudere il cerchio, torno all'origine ma in una spirale ascendente dove lo stesso punto si trova in po più in alto. Il lavoro adesso e' re-sincronizzare, ricalibrare l'immagine per fondere le due dimensioni e unirle in un'unica realtà.
Ora vado, col prossimo aggiornamento che sarà da Treviso raccontando qualche pezzo di viaggio arretrato.
Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito e incoraggiato nello scrivere, é importante e rende tutto questo reale perché condiviso.

A presto da TV ció..

sabato 12 dicembre 2015

Imbarcati in una nuova magia..

Ci sono un Australiano, due Italiani, una Tedesca e un Kenyota bianco che vive e studia biologia marina in Svezia, che guardano il mare ispirati. No, non è una barzelletta, ma un momento speciale di quelli che accadono spesso così dal nulla. Siamo sulla spiaggia di Kilifi a due passi dall'ostello. Stiamo guardando il tramonto e ci sentiamo ispirati. Guardiamo una barca ancorata poco distante dalla riva.


E' una barca enorme, in stile arabo, costruita completamente in legno come quelle che venivano usate per mercanteggiare spezie e prodotti tra l'Asia e l'Africa. Ma la cosa più incredibile è che è costruita a mano, non da cantieri professionali e con strumenti moderni ma da semplici sognatori che seguendo una visione, con tanta pazienza hanno materializzato questa meraviglia. Ogni singola parte della barca è ricavata da alberi tagliati opportunamente da loro. Ed è enorme davvero.


Saliamo a bordo dopo una breve nuotata e conosciamo Paolo, che è il cuore e la mente di questo progetto e che ci spiega dettagli interessanti delle mille avventure e difficoltà incontrate in questi quattro anni. Lui è un Italiano di Anzio che circa quattro anni fa ha deciso che voleva andare in Africa a costruire una barca, per poi con questa seguire le stagioni dei Monsoni e viaggiare nell'Oceano Indiano.


Follia? No! E' la potenza, la forza dei sogni che possono davvero spostare montagne e dare vita a visioni all'apparenza impossibili. La forza di questa idea è ora davanti ai miei occhi, in questa enorme meraviglia di legno che galleggia serena senza tempo, in una forma che richiama tempi antichi e tradizioni perdute, ma nel suo essere appena nata e impaziente di mille avventure di fronte a lei. Pulsa dell'energia di tutti coloro che c'hanno messo l'anima, ormai quasi prolungamento fisico dei loro corpi. Cerco di mettermi nei panni di Paolo, nel vedere in questo magico tramonto la forma di questa barca che senza questa follia, questo sogno impossibile, non sarebbe li davanti ai nostri occhi. Che ispirazione!! I sognatori sono degli esploratori, avanzano nel buio seguendo una bussola interiore che solo loro capiscono. Aprono vie prima inaccessibili e impensabili, e mentre tutti attorno li avvertono che la terra è piatta loro sanno che devono ascoltare quell'intuizione dentro di loro, senza lasciarsi distrarre. Creano così dei precedenti, aprono dei varchi dove altri possono seguirli e raggiungere luoghi e spazi prima sconosciuti.

Il sole scende verso l'orizzonte, e come impaziente di andare a dormire si tuffa nella vegetazione dall'altro lato della baia e scompare in pochi istanti. Con David decido di andare al mercato prima che sia troppo tardi a far rifornimento di frutta e verdura. Al ritorno dopo cena mi sento stanco ma soddisfatto. Oggi è stata una giornata stupenda, rilassata e tutto è accaduto per caso e in modo del tutto spontaneo. Tuttavia ho una gran voglia di farmi un tuffo in mare per rinfrescarmi e godermi una seconda volta la bioluminescenza del plancton, per chiudere in bellezza questa giornata. Vi starete chiedendo cosa diavolo è questa bioluminescenza. Bene, è un fenomeno davvero magico e tuttora poco compreso dalla scienza, ma molto simile al meccanismo biologico per cui le lucciole emanano luce. Anche il plancton infatti emana luce grazie ad alcuni organismi che lo compongono. Questo avviene con il movimento, quando viene agitata l'acqua e ovviamente anche quando si infrange sulle rocce o sulla riva. La magia inizia quando nuotando qualsiasi nostro movimento diventa una scia di luce. Scendo alla spiaggia da solo, e mi immergo nell'acqua tiepida. Stelle chiarissime nel cielo sopra di me e riflesse sulla superficie dell'acqua, ma che si confondo con una galassia di stelle che compare ad ogni mio movimento. Nuoto a rana e ad ogni più lieve spostamento sembrano uscire stelle dalle mie mani e che vanno a formare una scia luminosa. E' magico, incredibile, e ti fa tornare bambino a stupirti e sospirare incredulo e quasi commosso da tale bellezza.



Il contrasto tra il buio sotto la superficie dell'acqua e queste scintille di luce è stupendo. Siamo in una baia e il mare è piatto come una tavola, e nuotare e godere di questo spettacolo è un esperienza unica.

Fluttuo in questa magia per un tempo imprecisato, poi saluto e ringraziando la natura per questo spettacolo esco dall'acqua. Ancora trasognante mi avvio verso l'ostello per concludere con una bella dormita questa stupenda giornata, in attesa di un nuovo magico giorno.

giovedì 10 dicembre 2015

"Gita" fuori porta..

Musica reggae, ambiente super rilassato e bella gente. Sono nell'area comune di un ostello stupendo a Kilifi sulla costa del Kenya ad un ora da Mombasa. Sono venuto sparato da Kampala per godermi qualche giorno di mare e visitare la costa Kenyota prima del salto quantico che mi aspetta tornando a Treviso d'inverno. Come spesso negli ultimi quattro anni ho qualche problema a seguire le stagioni. Quest'estate l'ho passata al freddo della Norvegia, dove spesso c'erano anche solo 10 gradi, quando nello stesso istante a Treviso c'erano quaranta gradi. E ora quando nei miei luoghi è ormai inverno io son qui sulla costa che faccio vita da mare, il ritorno sarà uno shock!! Ma facciamo un passo indietro. Tutto è iniziato Domenica 6 Dicembre quando, mentre ero ospitato due ragazze Tedesche che ho conosciuto nel Safari, stavo prenotando il biglietto del bus diretto che va da Kampala a Mombasa. Prenoto, pago con carta e il sito conferma il ricevuto pagamento. Tuttavia non ricevo nessuna mail, nessun codice di transazione e nessun biglietto. Penso che mi spiegheranno l'indomani all'ufficio e così faccio. Il giorno dopo però all'ufficio non risulta nessun pagamento, ma nel mio conto online vedo l'operazione tra quelle ancora non contabilizzate ma di certo confermate. Nella stessa lista c'è il volo di ritorno con "Emirates" del quale ho già il biglietto confermato. A nulla serve mostrare il conto dal cellulare, c'è solo da aspettare che con i loro tempi africani facciano dei controlli. Passano due ore e arrivano le 10, e mi dicono di aspettare almeno fino alle 13. Sono spazientito, so di avere un lungo viaggio davanti a me e ho dormito poco, sono stanco e vorrei solo spegnere la testa, poggiarla contro il finestrino e addormentarmi cullato dal movimento della strada. Il sogno si infrange e capisco subito che questa storia è la classica candidata a durare almeno un paio di giorni. E allora mi torna fuori una gran voglia di libertà, di agire e decidere da me come va a finire. Ci penso poco e lo sento forte, decido di fare auto-stop! L'idea è fino a Mombasa, ma è una follia. A me però piacciono tanto queste follie e so che l'importante è partire, poi si vedrà. I sogni sono sempre delle piccole follie, perché sono azioni o desideri che nell'immaginario comune sono irraggiungibili, fuori dal buon senso comune. Tante cose tuttavia sfuggono ai sensi comuni, ma non per questo non significa che non esistano o non siano possibili. Sognare è come scolpire una figura nel marmo, seguendo un immagine mentale, una visione e portare, materializzare nel mondo fisico quella visione. Può essere un grande o un piccolo sogno, non importa, ciò che conta è cercare sempre quella dimensione nella quale le cose accadono, nella quale avviene la magia.
Parto allora deciso e prendo la strada che va verso Jinja, prima città nella direzione del confine con il Kenya a Busia. Inizio duro stavolta..troppe macchine che passano e nessuna si ferma. Stavolta poi devo stringere i tempi, se davvero voglio arrivare a Mombasa così. Sono circa 1100 km da dove sono ora, e non è uno scherzo in auto-stop. Il primo passaggio è un tipo che ha un agenzia turistica e mi avvicina alla mia meta di circa 40 km. Il secondo è un capitano dell'Esercito. Bella persona, gli racconto della mia vita precedente, quando 15 anni fa ero pure io un ufficiale dell'Esercito. Mi dice che il suo sogno è diventare un "consulente" cioè una persona fidata che parla con la gente e ne ascolta la vita, i problemi e tutto senza chiedere un soldo. Dice che qui la gente non si apre facilmente, ognuno si tiene i propri problemi per se. E' vero è una cosa che ho notato. Mi lascia anche lui dopo circa 40 km, ci scambiamo i contatti e ci salutiamo. Il terzo passaggio è un camion con a bordo tre uomini. Un giovane conducente, un signore anziano e un secondo giovane trasportato per andare all'ospedale di Jinja per un infezione. Il quarto ed ultimo passaggio è un commerciante, un ragazzo gentile e semplice che mosso da compassione perché aveva iniziato a piovere si ferma e mi da un passaggio fino quasi alla frontiera. Prima di fermarsi insiste per darmi dei soldi i quali cerco in tutti i modi di rifiutare ma che alla fine accetto. Ottomila scellini, circa 2 euro, ma più del doppio della cifra per gli ultimi 20 km fino al confine. Scendo saluto e per l'ultimo tratto prendo un matatu fino a Busia la cittadina di confine. Arrivo a Busia quasi alle 18, ed ero partito alle 10 da Kampala. Otto ore di auto-stop e sono solo a 200 km dalla partenza. Passo il confine, i controlli e le formalità e sono in Kenya! Dall'altra parte mi assalgono conducenti dei bus più disparati che vanno a Nairobi a Mombasa e qualche cittadina minore non lontana dal confine. Declino ogni offerta, devo capire cosa fare, come muovermi. Mi sono intestardito con l'auto-stop ma voglio prima vederci chiaro, e ora proprio chiaro non è perché è quasi notte. E' ovvio che se ne parlerebbe domani mattina presto, ma Mombasa e anche solo Nairobi è lontana. Decido alla fine di affidarmi al bus e andare diretto a Mombasa. Sono le 19 e il prossimo bus per Nairobi parte alle 22. I ragazzi della biglietteria del "Dreamline", questo il nome del mio bus, sono giovani e simpatici. Mi invitano ad entrare nel minuscolo ufficetto in attesa del bus e così da farci due chiacchiere. Come sempre non si capisce chi è responsabile e chi no. A occhio sono 4 o 5, ma all'inizio solo due di questi mi hanno seguito nell'acquisto. Ad ogni modo mi trovo con loro in questo ufficio e si parte a chiacchierare. Più che altro partono loro. Sono curiosi, sfrontati e tutti Musulmani. Una delle prime cose che mi chiedono è cosa ne penso degli Islamici. Dopo aver precisato la mia ignoranza sull'argomento, rilancio, chiedendo io cosa ne pensano loro di "uno a cui non piacciono le banane". O di uno che preferisce il golf al calcio. Lo chiedo per fargli capire che secondo me questi tipi di differenze costituiscono dei punti interessanti magari, ma mai determinanti e specialmente discriminanti. Solito discorso delle razze. Quante razze ci sono nel piante terra? Tante? State iniziando a contarle?? Errore! Ce n'è solo una!! La RAZZA UMANA!! Le differenze che vediamo tuttavia ci sono, ma sono come le differenze che ogni giorno vediamo quando uno ha il naso lungo, l'altro gli zigomi larghi, uno è simpatico l'altro riflessivo ecc. Differenze che rendono interessante il gioco, stimolante e sulle quali ci si può anche confrontare ma consci che che sono differenze superficiali, e che sotto la pelle,  magari diversa, abbiamo gli stessi organi, lo stesso cuore, che sia Musulmano, Cristiano o semplicemente U-mano. Restano stupiti da questi discorsi, e annuiscono condividendo. Capisco che la natura delle loro domande è anche la tensione causata da millenarie incomprensioni e separazioni, e sentire da parte mia, un bianco qualunque, apertura e curiosità fa sentire bene. Son felice per l'opportunità di dialogo e in questo bel mood tra discorsi seri e risate passano le ore. Sono le 22.30 e finalmente, in ritardo, arriva il bus e si parte. Passiamo la notte, dormo inaspettatamente bene e alle 7 circa arriviamo a Nairobi. Li si deve cambiare bus per Mombasa, e aspettiamo un ora e mezza per la coincidenza col prossimo. Nell'attesa giro un po per l'isolato, alla ricerca di qualcosa da mangiare. Mi sento davvero fuori luogo, mi manca un sacco l'Uganda e mi rendo conto di quanto quel paese mi è entrato in profondità facendomi sentire a casa un po ovunque. E' un nuovo salto fuori dalla zona di comfort, anche se stavolta accetto le resistenze perché a fine viaggio ho anche bisogno di lasciarmi un po andare e rilassarmi. Il tempo vola, arriva il bus e si parte e inizia l'ultima e più sofferta parte del viaggio. Mi era stato detto che si arrivava a Mombasa alle 14 circa. Bene alle 14 mancavano ancora cinque ore, si perché a Mombasa si siamo arrivati circa alle 19.30 dopo ben undici ore da Nairobi. Ma la mia meta reale è Kilifi, a circa quaranta chilometri da Mombasa. Prendo un matatu e in un'altra ora e mezza circa sono finalmente a Kilifi, dove con altri dieci minuti di boda boda arrivo all'ostello. Sospiro e penso che mo lo sono proprio conquistato questo posto. Mi ci son volute circa 27 ore di viaggio; di cui 8 ore in auto-stop, 7 e 11 ore in due diversi bus e un ultima ora e mezza in matatu. Tutto quasi non-stop.
Bene arrivo all'ostello e trovo il mio amico David che mi aspettava in compagnia di una Finlandese conosciuta qui all'ostello. Sono le 22 e mi sparo un hamburger vegetariano con patatine fritte e coca cola al seguito. L'ho fatta sporca, si lo ammetto! Si chiacchiera di gusto e poi prima di andare a letto David mi porta giù in spiaggia ad ammirare il magico fenomeno della bioluminescenza del quale parlerò meglio nel prossimo post. Passiamo oltre un ora a chiacchierare e nuotare e davvero non capisco dove trovo tutta quest'energia dopo 27 ore di viaggio. So però che si può essere anche stanchi dal non far nulla, e anche qui diamo per scontato il funzionamento della nostre mente e corpo, perdendo un sacco di opportunità.

sabato 5 dicembre 2015

Una stella che danza..

Sono in ostello in questo momento da circa 6 giorni. Ho appena mangiato un enorme papaya e mi metto comodo per scrivere un pezzo per il blog. In questi giorni sto vivendo una stupenda quanto semplice quotidianità che mi sta arricchendo moltissimo e che sto cercando di prolungare giorno per giorno. Era un po che non scrivevo su questo spazio, ma come sapete questo è nato per dare sfogo e forma ad emozioni e riflessioni e per farle decantare, più che per post puramente descrittivi. Non che ultimamente ne siano mancate di emozioni, anzi!! Questo è stato un peridio intenso e a tratti così coinvolgente da far passare lo scrivere in secondo piano.

Il mio ennesimo ritorno in questo ostello, 6 giorni fa, è stato il solito "camminare con lo tsunami che ti segue" cioè l'onda potente generata da quei momenti densi e che ora quando ti fermi è pronta a travolgerti e portarti sotto, in quel profondo stato di riflessione quasi doloroso per la forza dirompente.

Con un flashback a 6 giorni fa, in quel preciso istante camminavo e vivevo questo:

"Sono appena arrivato a Kampala da Masaka grazie al passaggio che un agricoltore mi ha appena dato. Non prova a chiedermi soldi come tutti gli altri e allora per ricompensarlo gli compro della verdura. Otto enormi foglie di spinaci freschi, un broccolo e qualche pomodoro, e la mia cena è già pronta! Mi lascia nel bypass nord, una stradona che collega est e ovet di kampala, ma a circa 5 km dal mio ostello. Non ho voglia di pagare il boda, ma più che altro ho voglia di camminare, di lasciar correre la testa.
Metto un piede dopo l'altro e mi infilo negli slum per tagliare un po di strada. Butto su in loop un pezzo rap, "Suona Sempre" di Ghemon Scienz. Il rap mi aiuta a gestire le forti emozioni, le scioglie, le sblocca, mi salva la vita..ma solo quello vero, quello che tocca i tasti giusti e che condivide la "struggle" e cioè lo struggimento, positivo o negativo che sia. Parte la musica e un sole basso fa risaltare le colline attorno e rende tutto dorato. Negli slum un sacco di venditori iniziano a preparare i fuochi, gli impasti, le carni e tanto altro per la lunga sessione serale di cotture e vendita principalmente per i locali, ma anche per qualche avventuroso muzzungu che si inoltrerà in quelle zone. Un gruppetto di capre pascola davanti l'entrata di una casa, una in particolare presa da un improvviso appetito trova sfizioso un volantino elettorale di carta appeso male e un po staccato dalla parete della casa. Se lo mangia di gusto e trova forse così il vero scopo di questo. Brulichio di bambini ovunque e tanti sorrisi, impressioni di una società distesa. Io sprofondo nella musica, guardo il paesaggio e ho così tanto in testa da esplodere. Sono di nuovo solo, in un alternanza che ultimamente si è fatta sempre più serrata, fino ad ora che rappresenta un punto di svolta.

Continua la canzone.."nel mio stereo suona sempre, negli attimi in cui sono assente, nelle mani porto niente"...E quella tromba si fa strada dentro me e si fonde in un quadro unico con quel sole dorato, la gente e i miei pensieri. Dio che musica, che espressione, come farei senza??

Questo momento è il classico che ricorderò per sempre per un milione di fattori. Mi sento stra fortunato a pensarci, perché è il tipico subbuglio dell'anima che segna le vite di adolescenti e vent'enni, e io sono qui a...uhm ho perso il conto...e ne sto vivendo di continuo di momenti così.

Una famosa frase di Nietzsche recita "Bisogna avere ancora del caos dentro di se per generare una stella che danza" e quel caos è anche la polvere che si alza quando ti muovi con forza, quando scardini le tue sicurezze e affondi le mani nel tuo buio. Il viaggio, se ad occhi e cuore spalancati fa questo, cambia prospettive, inietta dubbi cocenti, che come un tarlo scavano e rompono legami, certezze. Resti spesso punto a capo, con più dubbi di prima ma più percezione, più apertura ed è li che arriva la vera intuizione, oltre tutta l'apparenza delle nostre convinzioni e il nostro modo di costruire il mondo.

Mi guardo indietro a due mesi fa e non mi riconosco più. Mi pare passato un secolo. E' come se ad un certo punto questo posto mi abbia inghiottito, e risputato in un altra dimensione. Seguo con lo sguardo i Marabou Africani che si librano nel cielo come aerei. Sono uccelli enormi, bruttini e grandi quasi quanto una persona, ma che in volo sembrano alianti che planano lentamente con armonia ed agilità. Ancora una volta ho la sensazione che "tutto ciò che vedo sia mio" da tanto ne godo in questo stato mentale. Mi torna in mente il grande Alessandro Bergonzoni quando in uno dei suoi guizzi di genio dice "noi ogni volta che sbattiamo le palpebre facciamo una foto" per esortare la gente a ridare importanza a ciò che vediamo, e farlo scendere in profondità.
Sto ritornando a Kampala come spesso nell'ultimo mese. Questa città mi ha stregato e qui mi sento sempre a casa. Mentre cammino passano, nello schermo della mia mente, immagini di mille momenti vissuti. Come un film mi rivedo in varie circostanze e in zone del paese, sempre a cavallo di qualche forte emozione e a volte rivelazione."

E rieccoci qui, su un tavolo dell'area comune dell'ostello, ad un metro da un favoloso giardino con un enorme prato. Guardo spesso gli alberi e gli uccelli di tutti i colori mentre rifletto e riprendo il filo delle emozioni e i pensieri.
Percorro con la mente le ultime due settimane piene zeppe di spostamenti, esperienze ed emozioni. Solo pochi giorni fa ero ancora in una montuosa con degli amici volontari per un escursione che ti porta ad incontrare i Gorilla di montagna, e prima di questa ho fatto un safari nel parco Queen Elizabeth.
Ma racconterò di questi eventi in un post separato..

Negli ultimi giorni come dicevo sto vivendo una stupenda routine che mi sta facendo sentire sempre più parte di questo posto. Ho stretto una bella amicizia con un ragazzo che lavora all'entrata dell'ostello come sicurezza. Ogni sera vado da lui mentre lavora e ci facciamo delle lunghe chiacchierate fino a tardi. Mi da ottime lezioni pratiche di Luganda, la lingua più diffusa in Uganda, che comunque ne conta circa 40 differenti. Ma la cosa più bella è che mi ha invitato nella palestra dove va sempre lui ad allenarsi. E' a mezzora dall'ostello ed è formata da due stanze; una abbastanza grande ed una più piccola dove Ahmed, il coach, ha allestito vari bilancieri e qualche macchina. I bilancieri sono stupendi, con i pesi alle estremità ricavati da pezzi di macchine come freni a disco, frizioni, trasmissioni ecc. Sono a quanto pare il primo bianco che ci mette piede. Sono tutti super ospitali e ogni giorno è pieno di ragazzi, per lo più studenti che si allenano. E' un onore conoscere e frequentare questo posto così semplice e vero, qualcosa che sfugge anche ai viaggiatori come me, ma che non hanno un contatto che glielo faccia conoscere. Le mie giornate quindi scorrono così, con l'allenamento in palestra la mattina e le chiacchiere la sera dalle dieci fino a tardi. Ogni giorno poi applico le lezioni di Luganda con gran stupore e piacere della gente che si scioglie letteralmente, senza contare i furbetti che pensano che io sia un semplice turista e che si zittiscono.

Ma anche questo momento sta finire. Si perché giusto ieri ho prenotato il volo di rientro per l'Italia. Devo ammetterlo, sono stato molto combattuto. La tentazione di restare era grande, perché come piace sempre a me, ora mi sento sempre più stanziale, sempre meno turista e sempre più inserito in questo contesto. Adoro la sensazione di sentirsi a casa in un posto fino a pochi mesi fa considerato estraneo. E' letteralmente una droga ormai e ogni volta con queste sensazioni lascio nel posto in cui vado una parte di me, e un impronta di quel posto resta dentro me. E' uno scambio che fonde e confonde, sbiadisce i confini mentali e le appartenenze, e da grande respiro e ossigeno per la mia anima.

Qui sto proprio bene per molti motivi. La gente, il clima, per emozioni e ricordi. Sto imparando molto in questi giorni e mi sento sempre più cittadino qui a Kampala, e mi piacerebbe prolungare questo momento più che posso. Tuttavia una conclusione, magari temporanea, ci vuole. E' di certo benefica e utile a sistemare le idee, fissare le cose apprese e gli stimoli ricevuti. Ed è inoltre il momento giusto per uno stacco e fare il punto sulla mappa, annusare i venti, e programmare per la prossima sfida.

Ora vado, il mio insegnante di Kiswahili mi aspetta per un paio di ore di lezione!!

In attesa del nuovo giorno, un portale si apre..

3.15 a.m. Kampala, dormitorio dell'ostello.

La testa frulla, e il sonno ha altro da fare. Ascolto musica, butto su Dave Matthews e una galassia esplode dentro me portandomi lontano.. Davvero lontano.
Norvegia: corro.. Parte un pezzo di Dave.. Fluido denso e flutti che si incontrano e scontrano. Si risveglia qualcosa, un magma intenso, bollente. Vedo milioni di Ale passati e presenti correre giù dalla montagna come un fiume, mi corrono incontro e mi travolgono come un branco impazzito. Emozioni che credevo lontane si riaffacciano, rificco il naso in potenti mondi interiori che chiedono di essere liberati e detonati. E' quel caos interiore, quella struggle, quella forza dirompente che c'è, è sempre lì, ma che da troppo non viene liberata nella sua potenza. Anacronistica e incongruente in questo istante, pare tutto fuori luogo.. ma è forse anche presagio di una tempesta che sta per arrivare. La canzone finisce, mi soffio il naso e ascolto il rumore della pioggia che rimbomba sul soffitto di lamiera. Sono di nuovo in Uganda, ad anni luce dalla Norvegia e dai milioni di Ale disseminati nel tempo; ma il tempo poi, non ha importanza, tutto è fuso, tutto è uno. Anche mente e cuore tornano uno, e con loro anche il sonno. Ritrovo la sintonia, chiudo gli occhi e scivolo nel benefico torpore, in trepidante attesa del nuovo giorno.