venerdì 1 dicembre 2017

Aspettarsi l'inaspettato..


Il sole è quasi a picco, e il paesaggio risplende di incredibili colori e contrasti resi così intensi da quella luce forte come un laser. Nuvole bianchissime incollate come adesivi su un cielo blu intenso e tutto attorno spazio aperto a perdita d'occhio. Ed io, mentre mi godo tutto questo, pedalo.
Sono da poco entrato in Tanzania dal Kenya, e mi trovo su una statale nuova di zecca che va fino a Dar es Salaam. Come spesso negli ultimi giorni, penso quasi incredulo: “Mio Dio l'ho fatto davvero, sto viaggiando in Africa in bicicletta!!”. Incontro villaggi e donne vestite di meravigliosi colori che sembrano tutt'uno con il paesaggio circostante e intanto ripenso a come è nata quest'idea folle.
   

                                               

Qualche mese prima ero a Londra a trovare un amico. In quel periodo pianificavo il mio ritorno in Uganda. L'idea era stare qualche tempo a Kampala, la capitale, per imparare la lingua locale e passare del tempo con un caro amico e fratello Ugandese. Tuttavia giusto in quei giorni mi scriveva dicendomi che per lavoro era andato a vivere in Sud Africa e non sarebbe tornato per almeno dieci mesi.
Il mio piano era fallito in partenza. Ci tenevo molto a incontrarlo e lui mi esortava a raggiungerlo, ma il Sud Africa non mi attirava molto, così diverso dall'Africa nera e la sua cultura più vera, povera e scarna.
Dovevo pensare a qualcos'altro.
Ricordo quei momenti di sconforto, dove il mio piano in frantumi mi metteva di fronte alla solita insostenibile pagina bianca. Quel vuoto vibrante e pronto a cogliere qualsiasi idea nuova, qualsiasi guizzo di vitalità senza contorni precisi, ma potente abbastanza da determinarli strada facendo.
Il mantra era.. “come conciliare l'andare in Sud Africa a trovare il mio amico, e allo stesso tempo vivere l'Africa più nera??”
Sentivo distintamente la paura dell'ignoto, ma decisi di corteggiarlo. Non l'avessi fatto, avrei chiuso quella porta accucciandomi in qualche angolo tiepido della mia mente.
Feci dunque il salto.
Nell'istante in cui varcavo la soglia una ventata di follia, quella buona, mi spettinava i capelli, e mentre ripetevo il mantra la risposta arrivava in un lampo, una visione folgorante..
“Attraverserò l'Africa in bici partendo dal Kenya e vivendo le realtà più vere e locali...!!!”
Lo stomaco si chiudeva, la mente iniziava a fantasticare e una frizzante energia corroborava il corpo facendomi sentir vivo.

In un lampo ritorno al presente, alla mia bici e a questo paesaggio Africano. Mi trovo di fronte ad un bivio che non avevo calcolato. Continuare sull'asfalto, o scegliere la “statale” costiera, tutta sterrata per centottanta chilometri fino a Dar? So già quale sceglierò e perché..
In un viaggio così ogni istante, ogni più minima decisione echeggia di quella libertà di sbagliare, di osare. Ogni scelta nasce nell'ignoto e nell'ignoto si rituffa, trascinandoti in fondo alla tana del Bianconiglio, fuori dalla tua zona di comfort.




L'Africa, un luogo dove popolo e natura si fondono e confondono e dove ritrovare il battito primordiale, rompere le catene della nostra ossessiva ricerca di certezze.
L'Africa che con grande ironia, ha poi deciso di sconvolgere nuovamente I miei piani, quando vicino a Dar es Salaam sono stato derubato perdendo nel furto passaporto e carta di credito, facendo così finire il mio viaggio. Un ulteriore salto fuori dalla zona di comfort, un trauma vedere la realtà per quella che è, ma anche una lezione importante.

Fallito la missione? Tutt'altro!! Grande la soddisfazione nel sapere di aver vissuto qualcosa di vero, di aver saputo rischiare, libero di osare, libero di sbagliare.

giovedì 7 settembre 2017

La divina commedia..

Treviso, partenza fulminea

So da tempo che devo partire se voglio aprofittare della stagione estiva per raccimolare qualche soldino, ma tra eventi e la bellissima estate che è arrivata mi riesce davvero difficile immaginarmi nella piovosa Inghilterra. Tuttavia so che è il momento giusto e so anche che mi farà bene. Ci pensavo da un pò, ma la decisione vera e propria è arrivata in un lapo: venerdì prenotato il volo e sabato partito!!
Ed eccomi quindi dopo quasi un anno di nuovo in Inghilterra, a Londra ospitato da un caro amico e cogliendo l'occasione per visitarne altri nella zona. Passerò un intenso week più due giorni girando per Londra tra serate e attività varie e incontri con amici. Non male come inizio di questo periodo e non male come “distacco” dalla mia realtà estiva Trevigiana. I giorni tuttavia volavano e presto mi ritrovo in viaggio verso Lake Ditrict, la mia destinazione finale. Il bus di megabus, il più economico in assoluto mi avrebbe portato da Londra a Lancaster, non lontano dall'inizio del parco nazionale, in circa sei ore di viaggio. Da li poi avrei preso il treno per Kendal e poi il bus fino a Bowness sul lago di Windermere. Nulla di nuovo, un tragitto che già conosco e un viaggio lungo ma comodo.

Cielata dietro l'apparente scontatezza, una bella avventura dietro mi attendeva dietro l'angolo..

Arriviamo a Manchester e il bus si ferma. Chiedo alla ragazza Cinese seduta a fianco a me se sa per quanto si ferma, visto che studia all'Università di Lancaster e prende spesso questo bus. Mi dice mezzora, ma mi sembra un pò troppo e cerco l'autista per chiedere conferma. Non lo trovo ne al suo posto ne fuori dal bus, ma riconosco molti passeggeri sul marciapiede affianco al bus e penso che dovrei avere un paio di minuti. Vedo un kebabbaro dall'altra parte della strada, letteralmente 50 metri di fronte al bus. Faccio un salto e ordino un falafel, ma mentre sta per darmelo vedo l'autista montare e in procinto di partire. Pago al volo e corro verso il bus il quale si era appena spostato di 10 metri, mi piazzo davanti e agito il falafel facendo capire che mi sta lasciando a terra, ma il conducente fa spallucce con tale enfasi, quasi a voler dire che gli spiace non potermi comunicare quanto poco gliene frega di me. Senza deciderlo le mia gambe partono e inizio a seguirlo al galoppo, neanche fossi uno staffettista appena dopo lo sparo di partenza, ma con il falafel al posto della staffetta. Batto tutti i record sui cento metro, ma nessuno purtroppo potrà mai testimoniarlo, e tanto meno riesco a raggiungere il bus che sparisce dietro alla curva con tutta la mia roba. Mi fermo e dalla rabbia mi verrebbe da piastrellare il falafel a terra, ma mi contengo e guardandomi da fuori mi scappa una risata subito soffocata da un nuovo sbuffo di rabbia, a sua volta mitigato da una nuova risata. Penso che, te pareva se non trasformavo un noioso e scontato viaggio in una nuova avventura, e il pensiero vola ai viaggi recenti in Africa e a tutte le vicisittudini.
Ancora ansimante e coi capelli inesplicabili chiedo informazioni ad una signora su dove fosse la stazione dei treni. Lei mi evita pura con lo sguardo, come fossi un drogato che le chiede qualche centesimo per fare una telefonata. Devo sembrare proprio sbandato, e penso a quanto poco ci vuole per venir considerato strano o poco di buono. Torno alla stazione del bus e chiamo il servizio di megabus. Racconto l'accaduto ma mi rendo conto che dall'altra parte c'è un automa non una persona, perchè nonostante il mio evidente disagio l'operatore si limita a dirmi che la responsabilità è mia perchè per le leggi di sicurezza il conducente non può aprire la porta una volta chiusa e quindi chiunque esca dal bus e cechi di entrare una volta chiusa la porta verrà trattato come un estraneo e una potenziale minaccia. Quel suo tono robotico e il mio non essere esattamente in grazia di dio non mi permettono di aprire la via diplomatica, che sarebbe comunque stata inutile data la posizione granitica che la compagnia ha. Mi dice che l'unica cosa che posso fare è andare a mie spese alla destinazione finale del bus che è: GLASGOW!!! Cioè in Scozia, e quasi altre quattro ore di bus da Manchester. La notizia, sempre comunicata con quel tono robotico non mi rende più socievole, ma capendo che è inutile parlarne saluto e riaggancio.

Per non farti distruggere dal flusso, nuotaci dentro..

Decido di mettermela via e capisco che un motivo ci sarà se tutto questo è successo. Sono le 19, Prenoto il primo bus, sempre di megabus, per Glasgow e ne trovo uno che parte alle due di mattina.
Decido di investire queste ore in questa specie di limbo e di goderne per ciò che mi portano e mi danno. In fondo questa alla fine è un opportunità che mi viene data, viviamo sempre protesi al risultato, a “produrre” in qualche senso, a non perdere mai tempo..e invece a me viene data la possibilità di perdere del tempo, si perchè a parte aspettare non ho proprio altro da fare. Ho con me il solo cellulare abbastanza carico e la carta di credito, che fortunatamente avevo messo dentro la cover del cell per averla sotto mano e pagari e mezzi pubblici a Londra tramite “contactless”. Va da se quindi che non potrò avere grandi distrazioni tecnologiche, e mi toccherà dunque riscoprire la capacità di guardare il mondo, di diventare curiosi e farsi intrattenere da qualsiasi dettaglio del mondo, proprio come fanno I bambini piccoli. Loro non conoscono la tecnologia, e sono attratti dal mondo e dalle sue meraviglie che stimolano la loro insaziabile sete di conoscenza.
Inizio a camminare lentamente, respirando ritmicamente e osservando la città, la gente, I dettagli. Faccio finta di essere invisibile, un punto di coscienza che si muove e raccoglie informazioni senza giudizio, senza appicicare etichette e nomi alle cose che vede o sente. Mi siedo su una pachina, cerco uno spazio mentale infinito, nel quale svanisce il momento in cui mi sono seduto e non c'è attesa per quello in cui mi alzerò. Osservo, respiro, ascolto I suoni e le sensazioni fisiche, il fresco pungente e la pressione della panchina sul mio sedere. Provo una certa soddisfazione per l'esser riuscito a ribaltare la situazione a mio favore e ripenso ai viaggi, specialmente all'Africa con I suoi mille disagi e disavventure che ho vissuto, e la ringrazio.
Nel frattempo un caro amico Australiano che ha visto il post su facebook della mia disavventura, mi manda dei contatti di due suoi amici una a Glasgow e l'altro a Edinburgo. Io ancora spero di cavarmela in giornata a Glasgow e partire il giorno stesso per la mia meta, però intanto è ottimo avere dei buoni contatti.
Inizia a fare fresco e sono in t-shirt e non ho altro da vestire con me. Faccio un giro e vedo un cinema e penso che guardarmi un filmetto in Inglese sarebbe un ottimo modo per stare al caldo e praticare un pò la lingua. Il film finisce circa all'una e manca oltre un ora per il bus. Faccio un giro, perdo ancora un pò di tempo e poi mi dirigo alla stazione per aspettarlo li. La mattina dopo in circa tre ora di bus mi trovo a Glasgow, e subito mi fiondo all'ufficio lost and found. Subito vedo la mia borsa grande che mi danno appena mostro di conoscerne perfettamente il contenuto, ma non quella piccola. Quella appunto che avevo con me tra I sedili e in cui tenevo portatile, portafoglio e molte altre robette. Mi dicono che molto probabilmente sarà in deposito ma che devo aprire un “investigazione” e vista la pila di altre pratiche aperte ed essendo pure venerdì dovrò aspettare lunedì. Penso a quanti altri hanno perduto il bagaglio, magari come nel mio caso colpa di queste ferree politiche di sicurezza.

Tre giorni di magia in Scozia

Okay so che dovrò aspettare tre giorni, e penso che a questo punto potrei andare ad Edinburgo che dista meno di un ora di treno per visitare un caro amico che ho conosciuto l'anno scorso nel mio periodo a Bristol.
E' sempre così che inizia un momento magico, un avventura. Quando lasci ogni speranza, ti lasci andare perchè non c'è altro da fare che aspettare, ti affidi e ti fidi, è così che nasce la magia, ed è così che I miei tre giorni in Scozia sono stati una continua magia.
Arrivo alla stazione di Edinburgo, esco e trovo una giornata meravigliosa. Il sole splende, la temperatura è mite e c'è una piacevole brezza che ti galvanizza. Aspettando di trovarmi con il mio amico mi faccio un giro per la città e resto davvero incantato. Stupenda!! Davvero una città stupenda!! Passeggio e per la via pricinpale tutta in salita e ammiro gli imponenti edifici in stile vittoriano ai lati resi ancor più splendidi dalla luce del sole e dal contrasto con un cielo blu intenso.
Guardo la gente, principalmente turisti e scorgo un paio di uomini in kilt, uno straniero probabilmente affascinato dalla cultura Scozzese e un locale. E' la prima volta che vedo un kilt dal vivo, e penso che bello essere qui e quanto questo mi sembra un vero e proprio viaggio seppur mini.
Passo alcuni artisti di strada, un bambino che suona la cornamusa e una punk che canta canzoni Scozzesi mentre fa lavori con la lana. Mi fermo a chiacchierare con una artista che fa ritratti e caricature. Lei e' Ungherese e viaggiatrice, e da un pò si è buttata a fare l'artista di strada per mettere in pratica il suo talento artistico ma sopratutto per lo stile di vita. Ci troviamo su molti punti e sembra di conoscersi da tempo. Le dico che mi piacerebbe comprarle un ritratto per sponsorizzarla, ma che venticinque sterline sono tante e che preferisco aspettare uno o due giorni per vedere se riesco a trovare qualcuno che mi ospiti la notte così da risparmiare quei soldi e darli a lei. Lei subito, come c'avesse già pensato, mi dice che non vuole soldi e che me lo fa per piacere, anche perchè così attira gente curiosa e magari potenziali clienti. Mentre mi ritrare vengono fuori altri punti in comune, sensazioni, punti di vista e altro che davvero ci spiazza e fa pensare a quante anime gemelle abbiamo sparse per il mondo, o forse, anche a quanto in fondo siamo tutti così simili.
Finito il ritratto ci scambiamo I contatti e io vado all'incontro con il mio amico mentre ripenso all'incontro fortunato e al fatto che ho già un amica a Edinburgo ad appena un ora dal mio arrivo qui. Mi trovo con M. il quale vive in un ostello nell'area per gli ospiti di lungo termine mentre lavora per metter via qualche soldo in attesa di tempi migliori e di uno spostamento da tanto atteso. Mi presenta S. un Sud Americano di circa quaranta cinque anni che nel suo paese è quasi stato ucciso durante una rapina e che poi attraverso varie vicissitudini è approdato in Scozia dove per un periodo ha vissuto come barbone e poi è riuscito a ricevere il sussidio statale.
Entrambi mi invitano a cenare alla mensa dei poveri dove loro cenano ogni sera. Accetto di buon grado perchè mi intriga mettere il naso in questi ambienti e viverli di persona. La cena è organizzata nella sacrestia di una chiesa e ci sono molti volontari che dal banco dove c'è il catering servono la cena ai tavoli. Si mangia semplice, purè di patate e verdure credo sottaceto. Si beve invece abbondante tè e succhi di frutta, e non manca neppure il dolce. Attorno a noi gente di varie estrazioni sociali e condizioni. Molti sembrano e probabilmente sono senzatetto, mentre altri pensionati che fanno fatica ad arrivare a fine mese e altri più giovani come noi che cercano di abbattere Il costo della vita che annulla I sacrifici fatti per mettere via qualche soldo.
Mi calo nella parte e apprezzo e godo della gentilezza dei volontari e del cibo offerto. Mi sento uguale e sullo stesso piano di chiunque in questa stanza, ne più ne meno. D'altronde potrei essere io un senzatetto, non c'è nessuna certezza divina che questo non possa accadere e l'idea di saper stare tra queste persone senza sentirmi a disagio mi conforta.
Come spesso e sempre di più accade noto di trovarmi più a mio agio tra gli ultimi e gli sfortunati, o semplicemente quelli che hanno di meno ma che quindi godono delle piccole cose e si preoccupano solo del necessario senza, (loro malgrado), cadere nell'opulenza del troppo che droga e rende insensibile.

Assieme al mio amico M. iniziamo a cercare un ostello per la notte, qualcosa di economico in attesa di qualche risposta da couchsurfing dove avevo mandato varie richieste di ospitalità.
Dopo aver girato mezza città, con gli ostelli tutti pieni o dai prezzi folli, ne troviamo finalmente uno a 18 sterline a notte, costruito dentro una chiesa sconsacrata. Davvero curioso vedere la struttura in cartongesso delle stanze e nei “corridoi” dell'ostello avere come tetto quello della chiesa stessa.
Quasi all'ora di dormire mi rendo conto che mi era del tutto passato di mente il contatto del mio amico Australiano. Lo contatto e ricevo quasi subito conferma dal suo amico che mi da subito indirizzo e istruzioni per vederci il giorno dopo!
E' così che conoscerò Dusko che vive a Edinburgo da poco lavorando come Ingegnere civile e con il quale diventerò subito ottimo amico.
Dusko mi ospiterà Sabato e Domenica, e in quei due giorni davvero mi sembrava di essere a Edinburgo da tempo, dandomi appuntamenti in centro con il mio amico M., con Dusko e con la mia amica artista. E' sempre stupendo scoprire di avere amici ovunque si vada, e sentirsi come a casa già in poche ore quando di solito restando nelle strutture proposte ai turisti si resta del tutto sconnessi dalla realtà locale e si gira la giostra del turismo commerciale.

L'energia intanto si accumula ed è ora di concretizzare lo scopo dell'essere qua in Inghilterra..

Arriva Lunedì e torno a Glasgow dove finalmente mi viene ridato Il prezioso zainetto, e con un sospiro di sollievo mi organizzo per andare a Lancaster da dove poi prenderò un treno diretto a Kendal che è una delle “porte d'accesso” per Lake District.
Dove sto andando è solo una zona dell'ernome parco nazionale di Lake District, e in particolare si tratta del lago di Windermere appunto uno dei tanti laghi del parco.
Attorno al lago e in particolare sulla sponda destra sorgono vari villagi tra cui Bowness che è quello più a sud, Windermere circa a metà lago e Ambleside sulla punta nord del lago. Questi tre in particolare sono I posti in cui cercare lavoro durante la stagione e più o meno tutti pullulano di richieste di personale.
Passo la giornata tra bus, treno e altri bus e finalmente arrivo a Bowness nel tardo pomeriggio. La giornata era stupenda già dalla mattina a Glasgow, e anche a Lake District resta bella. Mi accoglie un sole splendente ed essendo parecchio alti come latitudine, in piena estate le giornate sono davvero lunghe, e si ha luce fino alle 23. Mi vado a piazzare su un prato che conosco con vista lago e mi godo l'ultima oretta di sole prima che spraisca dietro alle colline.
Come spesso accade ultimamente non ho ancora un posto in cui dormire e ho solo in mente il nome di un ostello a Windermere che avevo contattato qualche giorno prima e che pareva avere un buon prezzo.
Non mi preoccupo e lascio che le cose fluiscano, ormai so bene che è l'atteggiamento migliore e che permette alla magia e alle possibilità di manifestarsi. Scende il sole e mi incammino pigramente verso l'ostello a Windermere. Non c'è una vera e propria reception e bisogna chiamare per chiedere se c'è posto. La risposta è posivita e subito sistemo la mia roba per poi andare a fare una spesetta li vicino.

E' tempo di vedere cosa bolle per me nel pentolone magico..

Non esiste partecipazione senza un cambio, senza una contaminazione di ciò che siamo a tutti I livelli. Uno non viene fino a qua per cercare meccanicamente un lavoro e poi tornare a casa come nulla fosse accaduto. Questo lo so da sempre, ma è ogni volta una ri-scoperta, perchè a volte, anzi spesso c'è in noi qualcosa che frena e che non vorrebbe quel cambio. E' un pò quello che accade quando stiamo per fare il bagno al mare o al lago, dove l'acqua è freddina. Quel momento prima di bagnarsi, in cui stiamo così bene asciutti e al caldo è una zona di comfort, dalla quale non vorremmo allontanarci. Tuttavia una volta in acqua, la sferzata di energia del freddo ci attiva e rivitalizza corpo e mente e quasi ci chiediamo in che razza di pigrizia stessimo sprofondando poco prima. Ecco lo stesso accade, almeno per me, in queste situazioni dove siamo in un limbo troppo tiepido e morbido da lasciare. Questo essere turista-non-turista, tra viaggio e attesa di un lavoro è gravido di emozioni, di ciò che si ha lasciato a casa, delle possibilità che come un frutto maturo stanno per cadere e materializzarsi nella nostra realtà.
Allora in questo limbo, come li sul bagnasciuga prima di tuffarsi, l'unica cosa da fare è recidere quell'ultima resistenza al cambiamento e tuffarsi del tutto nel nuovo paradigma.

Uno speciale lasciapassare..

Mi sveglio abbastanza presto e vado in biblioteca a stampare trenta cv e parto subito per un primo giro di consegna.
Il giorno prima camminando verso Windermere avevo visto una guesthouse con affisso un annucnio di richiesta personale e con offerta di alloggio incluso. L'avevo tenuta in mente come primo posto in cui provare vista la presenza dell'alloggio.
Arrivo di fronte all'entrata e mi trovo in compagnia di mille diversi stati d'animo. La speranza di trovare presto un buon lavoro, la voglia di restare in quel limbo e il tentativo di non pensare a nessuna delle due e agire soltanto.
Prendo un bel respiro, svuoto la mente e sceglo l'azione. Mentre afferro un cv e faccio per entrare mi vien da ridere per la situazione e per tutti quei miei stati d'animo.
Trovo alla reception una ragazza alla quale consegno il cv e che mi dice che lo darà alla manager che in questo momento non c'è. Sto per uscire e compaiono due ragazze, una delle quali la manager con 6 tazze in mano e che tutta trafelata mi dice di mostrarle il cv. Lo guarda appena e vede che ho scritto dei miai viaggi e subito mi chiede qual'è stato l'ultimo. Gli dico Africa in bicicletta, e spalanca gli occhi. Mi dice che è del Sud Africa e che quel magico continente è nelle sue ossa, nella sua pelle e anima. Mi mostra rapidamente l'hotel e mi spiega il lavoro e dopo poco mi chiede se mi va di fare una prova il giorno dopo per vedere se mi piace. Rispondo di si, saluto ed esco e mi dirigo verso Bowness giù al lago. Mentre cammino penso a quello che è successo. Sono entrato al primo posto e ho già trovato un lavoro, non può che essere un segno che l'altra era come anticipato da tutta questa ondata di energia e stupendi incontri degli ultimi giorni.
Ancora non lo sapevo, ma l'ondata non si era ancora esaurita, anzi.
Infatti..
Arrivo al lago e mi viene voglia di un giro in barca a remi e mi metto in fila dove sulla sponda del lago noleggiano le barchette a sedici sterline all'ora. Aspetto dieci minuti sotto il sole ma ancora nulla, mentre nella fila a fianco quella per noleggiare barche a motore, la gente viene processata molto più velocemente.
Finalmente dopo altri dieci minuti arriva uno dello staff che scusandosi un sacco mi fa cenno di seguirlo. Io faccio per tirare fuori la carta e lui mi dice che non c'è problema e posso pagare dopo visto che ho aspettato tanto e mi accompagna alla barchetta.
Esco e vado verso Il centro del lago dove, abbastanza lontano da tutti posso togliermi il ridicolo giubbetto galleggiante, togliermi la maglietta e distendermi per traverso con I piedi a penzoloni in acqua godendomi il sole stupendo. Mi sento un re e non potrei chiedere nulla di meglio in questo momento. Penso a quanto poco ci voglia per godersi la vita e trovare momenti di gioia in cui semplicemente fluire.
La mia svanisce in fretta e ritorno al molo. Lo stesso ragazzo mi accoglie e mi chiede come sia andata e capisco che dev'essere contento che sia tornato perchè mi dice, loro sono la dalla mattina e davvero non vede l'ora di andare a casa. Appena metto I piedi sulla spiaggetta di sassi gli dico che vado a pagare, ma lui mi ferma e mi dice che non c'è bisogno e che questo giro me lo offre lui. Io rimando sbigottito e insisto ma lui mi dice che è un piacere, e anzi di passarlo a trovare per due chiacchiere e mi saluta calorosamente. Mi incammino verso il praticello del giorno prima mentre sono un misto di risata, commozione e stupore. E' come se negli ultimi giorni molte cose che di solito la gente paga come servizi, per me fossero gratis, come avessi un qualche lasciapassare (o lasciapassAle..) che mi permette di uscire, seppure per brevi istanti dal sistema.

Aspettarsi l'inaspettato...

Mi sveglio presto e vado alla guesthouse per il giorno di prova.
Lavoro cinque ore che passano in un lampo e senza nessun intoppo, anzi con visibile soddisfazione dei miei nuovi colleghi. Caspico subito che a questo punto che il lavoro ce l'ho e dipende solo da me se mi piace, e ovviamente considerato tutto direi che questo è il posto in cui era destino che venissi. La manager tuttavia mi dice tutta dispiaciuta che l'alloggio si libererebe solo in una settimana circa quando uno dei colleghi che è li da due anni lascierà il lavoro per tornare in Spagna.
Mi godo il resto della giornata e passo la serata il ostello con un giovanissimo ragazzo Danese che sta facendo un viaggio di solo auto-stop in Inghilterra fino alla Scozia e due giovani ragazze Londinesi.
Il giorno dopo vado a lavoro e la manager mi dice che forse ha una soluzione per me, cioè mettere ogni sera nella zona lounge un materasso per poi toglierlo prima di iniziare a lavorare. Le dico che sarebbe ottimo e, dopo il lavoro, tornando all'ostello disdico le due notti in più che avevo prenotato.
Il giorno dopo passo all'ostello per pagare la notte precedente e ne aprofitto per fermarmi nella cucina condivisa e pranzare li. Mentre mangio arriva una ragazza che ancora con lo zaino in spalla si ferma davanti alla bacheca studiando le regole dell'ostello e come funziona il pagamento. Le spiego un paio di cose e poco dopo mi chiede se fossi mai andato a nuotare nel lago.
Le rispondo di no, ma che prima o vorrei farlo. Le come fosse la cosa più naturale del mondo mi fa “ti va di andarci ora?”, e io con la stessa identica naturalità le rispondevo “perchè no? Certo andiamo!!”
Dopo pochi minuti eravamo sulla sponda del lago, ridendo della situazione che si era creata e di come due perfetti sconosciuti come noi pareva si conoscesse invece da sempre. Un cielo tappezzato di nuvole bianche, sole e un paesaggio imponente ci accoglievano.
L'aria era frizzante e potente e noi due scintille libere coscienti della natura della realtà e di come noi possiamo crearne una nostra personale.
Abbiamo vissuto il momento, senza etichette o bisogno di aderire a clichè di nessun tipo. Abbiamo distillato il tempo e ci siamo inebriati con l'essenza del momento cogliendo l'attimo.
Per tre giorni, ogni giorno sembrava l'ultimo, poi il gioco reiniziava e con lui la magia del momento.

Tutta questione di oscillazioni..

Ultimamente vivo davvero sulla pelle la magia e l'andamento oscillatorio della vita. Da una parte trovo, dall'altra perdo, da una parte do, dall'altra ricevo..
Se questo è naturalmente presente nella vita di tutti (anche se molti spesso vedono solo il lato negativo) è anche vero che a me capita sempre più rapidamente. Questa alternanza, questa oscillazione sta come aumentando la sua frequenza ed è quasi all'ordine del giorno che mi trovo in situazioni straordinarie, inteso letteralmente come “fuori dall'ordinario”.
Qui le speculazioni filosofiche potrebbero davvero sprecarsi e come un tarlo scavare nella trama della realtà. La verità più semplice però secondo me è che la vita di per se è qualcosa di altamente instabile. Tutto cambia, tutto si trasmuta continuamente, ed è solo nella nostra testa, nella nostra interpretazione delle cose che tutto è statico, o almeno secondo noi dovrebbe. Ed ecco infatti che ,quando la realtà cambia in maniera così netta da non permetterci più di ingannarci e di continuare a vederla statica, soffriamo e rifiutiamo la realtà stessa. Vivere sul filo del rasoio del momento presente non solo permette di accettare e vivere questo continuo flusso, questo cambiamento, ma anche di poter ricevere I doni che questo può portare e di saperli riconoscere e accogliere.
Ora, beh pare per come ne parlo che io sia proprio in grado sempre di farlo. Ecco, non è così. E' si vero che so vedere questa natura della realtà, e che spesso mi porta de doni che vivo con grande gratitudine ed emozione. Allo stesso tempo però quel cambiamento sa a volte sconvolgermi e mostrarmi come sicuramente anch'io vivo attaccato al mio scoglio e alle mie certezze.
A dimostrarmelo è stato quando circa un mese ho scoperto di aver perso il portafoglio.
Nonostante fossi, almeno credevo, allineato con il flusso e con l'oscillazione, la perdita che comprendeva anche alcuni ricordi ai quali ero ancora legato, mi ha mandato in totale crisi e mi ha fatto perdere quell'equilibrio e serenità. Alla fine tuttavia, tutto ciò che succede e passa nello schermo della nostra vita, è esattamente: “tutto ciò che succede e passa nello schermo della nostra vita”. In altre parole, è quel che è ed è perfetto così com'è, anche se sembra imperfetto e sbagliato. Cosicchè, pure una reazione apparentemente sbagliata, o un nostro auto-giudizio severo tipo “ho perso il mio equilibrio e non avrei dovuto permetterlo per così poco” è una rigidità e un non accettare ciò che è, e volendo essere un pò ricorsivi, pure il non accettare di non aver accettato.


Tutto è perfetto, anche l'imperfetto.

martedì 25 luglio 2017

Aspettarsi l'inaspettato..

-------------------------------------------------ENGLISH BELOW----------------------------------------------


Sono qui a Lake District da nemmeno una settimana, e per quante cose son successe mi sembra quasi un mese. La maggior di queste cose, se non tutte, sono piccoli miracoli quotidiani che arrivano dalle profondità della trama della realtà e si manifestano senza avviso. Questo accade, quasi di regola ogni volta che lasciamo il nostro porticciolo e spieghiamo le vele verso qualcosa che non conosciamo affidandoci al vento e alle correnti. Farlo, senza strumentalizzarlo cioè aspettarsi qualcosa in cambio, apre un portale attraverso il quale arrivano situazioni, esperienze, persone. Solo qualche giorno fa portavo il primo di trenta curriculum, trovando un ottimo lavoro al primissimo curriculum. Appena il giorno dopo conoscevo una ragazza Tedesca con la quale, senza pensare o riflettere c'è stata una connessione e sintonia che spesso richiede anni e anni. Appena arrivata all'ostello, dopo un paio di parole più che altro chiedendo come funzionasse il pagamento dell'ostello, mi chiede se ero mai stato a nuotare nel lago. Le rispondo di no, ma che prima o poi vorrei farlo. Lei come fosse la cosa più naturale del mondo mi fa “ti va di andarci ora?”, e io con la stessa identica naturalità le rispondevo “perchè no? Certo andiamo!!”
Dopo pochi minuti eravamo sulla sponda del lago, ridendo della situazione che si era creata e di come due perfetti sconosciuti come noi pareva si conoscesse invece da sempre. Un cielo tappezzato di nuvole bianche, sole e un paesaggio imponente ci accoglievano.




Energia pura, vivere il momento, la forza della natura e dei rapporti umani quando sono puri, fluidi e senza aspettative. Più tardi ci regalavamo un pomeriggio in una spa locale, salutandoci poi come non dovessimo vederci più, per poi passare in realtà sempre con quel fluire altri due giorni di camminate e chiacchiere. Teatro di questi giorni le stupende montagne e la natura di questa meravigliosa zona, ispirati dai paesaggi e dalla forza che si genera muovendo il proprio corpo.






Ieri il saluto, quello vero, grati del piccolo miracolo che abbiamo vissuto e aperti a ciò che l'universo saprà portarci se viviamo in quel fluire.
L'importante però è sempre vivere nel presente, poiché è l'unico passaggio per la tana del bianconiglio..
Questo è solo un assaggio delle avventure vissute nelle ultime settimane da quando sono arrivato in Inghilterra, restate sintonizzati per altre storie mirabolanti!


----------------------------------------------------ENGLISH--------------------------------------------------------

I'm in Lake District since less than one week, but after all that the things that has happened seems to me almost one mount. The majority of these things, if not all, are small daily miracles that comes from the depths of reality and that arises without signs. This happens, almost as a rule every single time that we leave our safe small dock and we set the sail toward the unknown, trusting the wind and the currents. Doing this without expecting anything opens a portal through which comes situations, experiences, persons. Only some days ago I was bringing the first of thirty printed cv's, finding a good work at very first cv's I brought. The next day already I was meeting a German girl and without thinking too much we was going to have a crazy good and deep connection something that sometimes requires years. I was at the hostel where I spent two nights and when she came, after a brief talk about the hostel rules for the payments, she asked me if ever went swimming in the lake. I said no, but that I wanted soon or later, and she said, as if this was the most natural thing in the world: “would you like to go now?”, and me, in the same way I answered “why not? Let's go then!!”After few minutes we were on the shore of the lake, laughing at the situation of this two perfect strangers, that at the same time seemed to know each others since ages.

An amazing blu sky with small white clouds, sun and a majestic landscape was welcoming us. Pure energy, living the moment, living the force of nature and human relationships when they are pure, flowing and with no expectations. Later in the day we were gifting us a relaxing afternoon in a local spa, saying goodbye like if we were not going to meet again, while then instead spending other two days flowing between amazing landscapes and deep, funny and inspired talks. Teather of these three days were the beautiful mountains and nature of this unique area, inspired by these places and by the force generated moving your body. Yesterday our real goodbye, thankful for this small miracle that we lived and open for what the universe will bring us living in this flowing.
The key however is always living in the now, cause this is the only entrance for the rabbit hole.
This is only a taste of the adventures of the last weeks since my arrival in UK, stay tuned for other crazy stories!!

Alcune avventure Inglesi..

Come al solito è passato un pò dall'ultimo post che riguardava alcune avventure in Tanzania.
Ci sarebbe tanto altro da dire sul recente viaggio in Africa, e mi piacerebbe farlo anche perchè ci sono delle storie davvero uniche come quella del mio rapimento a Dar es Salaam. Tuttavia in questo momento da qualche settimana sono in Inghilterra per lavoro, e anche qui, le avventure non me le faccio mancare. Racconto quindi nei prossimi post quello che è successo in questo breve periodo perchè credo sia frutto di un attitudine che è secondo me davvero importante nell'avventura della vita.


--------------------------------------------------ENGLISH----------------------------------------------------------

As always it's been a while since the last post talking about some adventures in Tanzania.
There are much more to say about my recent trip in Africa, and i'd like to do it cause some of the stories are unique, especially the one about my being kidnapped in Dar es Salaam. However in this moment i'm in the UK for work since some week, and here also i'm not missing adventures. I'll tell then in the next posts what happened in these brief periodo here, cause i really think this talks about an attitude that it may be very important in the adventure of life.

venerdì 19 maggio 2017

Una "Marea" di gente..




-------------------------------------ENGLISH BELOW------------------------------------


E' domenica ma per me è un giorno qualunque, un pò perchè in viaggio perdi il senso del tempo e dei giorni della settimana, ma soprattutto in questi giorni, dal giorno del furto mi sento come sospeso nel tempo, in una specie di bolla dalla quale non voglio uscire in questo momento. Decido di mettere da parte le carte dell'assicurazione e andare a farmi un bagnetto. Sono quasi le 17, prendo due cose e lascio a casa il cellulare per non rischiare, soprattutto quando poi lascerò i vestiti sulla sabbia per fare il bagno. Dall'ostello in 10 min sono sulla spiaggia, lascio la stradina del villaggio e mi accoglie uno spettacolo inaspettato. Un vero e proprio fiume di gente sembra essersi riversato in spiaggia, come fosse la marea che si è trasformata in persone. Sono tutti, letteralmente tutti locali e pare formino un flusso quasi unico di persone che passeggiano e che io attraverso controcorrente. Attorno e all'interno di questo flusso un brulichio totale di gente, disordine, attività, fotografi locali che con mini stampanti scattano e vendono al volo foto ricordo, venditori ambulanti di caffè e kashata (dolcetto tipico est-Africano fatto di arachidi e zucchero), coppiette per mano e gente che si allena facendo balzi, acrobazie, flessioni. Mentre guardo tutto questo una moto taxi mi viene in contro a tutta birra, anche qui con la solita regola del "devi evitarli tu".
Pare si siano fusi e mescolati tutti allo stesso tempo diversi strati e posizioni sociali, paradigmi completamente diversi messi fianco a fianco. In acqua a mollo decine e decine di persone, molte delle quali quasi praticamente vestite. Si cioè, loro passeggiano in maglietta e pantaloncini, poi prendono ed entrano in acqua esattamente come sono. Non sono vestiti da mare, di fatto sono vestiti allo stesso modo anche in città. Pare non ci sia il concetto nostro occidentale di "vado al mare preparato" cioè costume, asciugamano ecc. Per loro è come una qualunque via del centro in cui fare le vasche, solo che in più c'è l'acqua, allora ecco che forse l'espressione "fare le vasche", qui sulla riva dell'oceano grazie a loro prende più senso.
Sono esterrefatto da ciò che vedo e un pò mi mangio le mani di non avere con me il cellulare per poter immortalare questa esperienza. Tuttavia penso anche sia meglio così, poichè mi obbliga a "fotografarlo" con gli occhi e a riversarlo a parole potendo, forse, rendere ancora più vivida l'esperienza che il guardare una singola foto o video.
Mi godo dunque la cosa e penso a quanto questo modo degli Africani di stare qua rifletta un pò il loro approccio alla vita, alle cose. Un approccio senza troppi schemi, un pò selvaggio se mi è permesso, più nel fare spontaneo e immediato che nel codificare le situazioni, le attività e separarle come facciamo noi.
Mi accorgo di aver del tutto perso la voglia di fare il bagno, un pò perchè di fatto quasi non c'è spazio libero dove lasciare i vestiti sulla sabbia, un pò perchè questo spettacolo mi ha così catturato che ora è sceso il sole e col vento che tira non ho più molta voglia di entrare in acqua. Mi accontento del giro, faccio dietro front e mi unisco al flusso tornando verso il molo che separa la spiaggia pubblica dalla zona dei pescatori. Il cielo intanto si è fatto rosso, un incendio che brucia il cielo dove è ancora azzurro e che assieme ai mille colori accesi dei meravigliosi vestiti femminili ti stordisce di bellezza. Ecco, penso proprio alle diverse bellezze che ho visto oggi, quella della natura, quella sociale di qualcosa di così diverso e intimamente locale, quella dei meravigliosi colori dei vestiti Africani e penso che nessuna di queste sarà arrivata in maniera cosciente agli attori di questa scena fantastica, che fusi con il loro personaggio non la possono vedere da fuori e la danno per scontata.



---------------------------------------ENGLISH VERSION--------------------------------------------------


It's Sunday, but for me it's like any other day, some because traveling you loose the sense of time and days of the week, but especially cause in the last days after being robbed I feel like suspended in time, like in a bubble from which I don't want to get out right now. I decide to put aside my insurance paperwork and go for a swim. It's almost 17:00, I take a couple of things and leave my mobile at the hostel to avoid risking it when I’ll leave my things on the sand to go swimming. I leave the hostel and after only 10 minutes I’m on the beach, on the public part of it. As I get to the beach a unique and unexpected view captivate my eyes. A real river of people seems to be poured into the beach, like If the tide had been transformed into persons. They are literally all locals and seems to be forming a whole flow of persons walking that I cross upstream. Inside this flow a swarming of persons, disorder, activities, local photographer that with portable printers shoots and sell memories, sellers of coffee and kashata (east-African sweet made of peanuts and sugar), couples walking hand in hand and guys training with jumps, acrobatics and push-ups. While I watch all this a moto taxi comes really fast toward me, here is always true the rule “you need to avoid them”. Seems like different layers of society got melt together, completely different paradigms put side by side.
In the sea dozen of people are bathing, many of them literally dressed. Yes, they are just walking with t-shirt and jeans or shorts, then they go toward the water and get in exactly as they are. They are not dressed for the beach, actually they are dressed in the same way as they were in the city. They don't seem to have out western view of “going to the beach” with costume, towels, sun cream ecc. For them this is like every other city street where to go for a walk, apart having water and sand.
I'm astounded by what I’m seeing and I kind of regret not having my mobile with me for taking a video of this experience. However I think is even better like this, it forces me to “shoot it” with my eyes and memory for then later pouring it into words, being able maybe, to make it even more vivid than watching it trough a single pic or video.
I enjoy the moment, and I think about how this way of Africans staying at the beach kind of reflects their approach to life more generally. An approach free of rigid and too much thinking, a bit wild if I can, more on the immediate doing that on coding situations, separating the activities as we usually do.
I notice that I've lost my desire of swimming, maybe cause there's almost no space where to leave my stuff on the sand, or cause while I was captivated by this show, the sun went down and now with the wind blowing I feel a bit cold.
I feel anyway satisfied with the experience, I turn around and I join the flow coming back toward the dock that separates the public beach from the fishermen side. A part of the sky turned into red, a fire that seems to burn and extend to the sky where is still blue and that, along with the amazing colors of women dresses, shocks you with beauty.
I think about all the different types of beauty I spotted today, nature's beauty, social beauty of something so different and yet interesting, the beauty of the unique African dresses, and I realize that none of them must have been seen by the actors of this fantastic scene, these protagonists that being so into their characters will never realize how full of beauty they are.

mercoledì 10 maggio 2017

"La mia prima esperienza di essere derubato.."

"Se vuoi far ridere Dio, raccontagli i tuoi piani" è una frase che dico spesso quando mi si chiede che piani di viaggio abbia. Il fatto è che in un viaggio di vari mesi, con attraversamento di vari stati, mille incontri e possibilità i piani originali, partoriti dalla mente prima di partire diventano a volte poco più che linee guida. In un viaggio così essere rigidi può rendere tutto meccanico se non addirittura impossibile, al punto che non si gode nemmeno più dell'esperienza i quali frutti più dolci sono spesso casuali e regalati dal vento delle possibilità. Dico questo per raccontare come i miei piani sono del tutto cambiati quando sono stato derubato nella mia stanza, di notte a Bagamoyo.
Arrivavo qui qualche giorno prima da Saadani e dopo 180 km di sterrato ero finalmente tornato all'uniforme e comodo asfalto fino appunto alla mia meta giornaliera che era Bagamoyo. La sera appena arrivato avevo trovato una guesthouse nuova appena aperta, una stanzetta economica e carina. La missione del giorno dopo era di caricare tante foto arretrate su instagram, scrivere un pò di blog e fare un tuffo in mare per poi andare a letto presto pronto per partire l'indomani mattina per Dar es Salaam. Appena sistemata la bici e I bagagli nella stanza mi ero catapultato sulla spiaggia per un bagno dopo i 70km di sterrato fatti. Appena uscito dall'acqua mi ero messo a far verticali sul bagnasciuga e un gruppo di 15 ragazzini che anche loro facevano il bagno arrivano come api sul miele incantati dalla novità. Mi mostrano movimenti, mi sfidano in altri, scambiamo consigli e chiacchiere io con il mio Swahili da sopravvivenza e loro con la loro forza comunicativa. Si aggiunge un ragazzo ventenne studente di Dar che è qui in vacanza e che vedendomi fare dei movimenti di Capoeira mi chiede se la pratico. Ci abbracciamo, giochiamo assieme e penso a quanto assurdi siamo noi esseri umani. Due sconosciuti diventano amici in un istante accomunati da un arte Brasiliana con origini Africane, ma praticata da un Italiano e un Africano, che tramite questa riconoscono l'appartenenza ad una razza più grande e cioè quella umana diventando così amici. E' come se il solo fatto di essere entrambi Capoeristi faccia andare oltre la cultura e l'essere due perfetti estranei, perchè entrambi coscienti dei valori e dell'apertura che la Capoeira infonde.
Il giorno dopo mi sveglio e inizio a lavorare sulle foto, poi mentre stavo per uscire mi sorprende un acquazzone che durerà quasi due ore. Appena finito esco con meta un baretto intravisto il giorno prima e l'idea appunto di mettermi tranquillo a scrivere un pochino. Passo a fianco ad un galleria, Bagamoyo infatti è abbastanza famosa per I molti artisti che la popolano, e mi aggancia una ragazza locale che appena prima era seduta a lavorare su un vestito che sta creando. Chiacchieriamo e resto stupito dal suo ottimo Inglese il quale non ha neppure un forte accento Africano, cosa davvero rara qui in Tanzania dove la maggior parte delle persone non lo parla per niente. Mi invita a bere qualcosa assieme, andiamo nel bar che avevo scelto e passiamo una piacevole oretta parlando di musica, arte e molto altro. E' una persona davvero interessante, un artista piena di idee e parlarci assieme è davvero stimolante. Ci spostiamo dal bar e andiamo alla spiaggia, dove beviamo qualcosa e passiamo dell'altro tempo chiacchierando. Verso le 22 entrambi stanchi decidiamo di tornare verso il centro, io già pregustando il meritato riposo e sperando in una notte di buon sonno per iniziare a pedalare presto il giorno dopo verso Dar es Salaam. Lei mi accompagna verso la mia guesthouse e quando siamo la entra nella stanza con me mentre io già inizio a pensare di salutarla e andare a dormire. Capisco che tornare a casa per lei non è una priorità e inizio a dire quanto sono stanco e quanto non vedo l'ora di andare a dormire per farle capire che è giunto il momento di salutarci. Visto lo scarso effetto le dico gentilmente che ora vorrei stare da solo ma lei cerca di evitare il discorso e quando manifesto chiaramente il mio desiderio di stare da solo mi dice che data l'ora e il fatto che abita lontano ha paura a tornare a casa da sola e vorrebbe restare a dormire da me. Devo ammettere che non vorrei proprio, primo perchè ho bisogno di dormire da solo e poi perchè al di la di tutte le buone impressioni è comunque poco più di una sconosciuta e non so se posso fidarmi di lei fino a questo punto. Dico gentilmente di no ma lei insiste che a quest'ora è pericoloso e promette di rannicchiarsi in un angolino del letto per non disturbare. Insisto ancora un pò ma poi la stanchezza e la sua testardaggine mi fanno desistere e penso che non sarà poi la fine del mondo e che posso chiudere la porta a due mandate e nascondere la chiave quando lei non se ne accorge così da sentirmi più sicuro. E così, mentre lei già si addormentava, io ma la prendevo comoda con la doccia per poi nascondere la chiave in un posto sicuro impossibile da trovare se mai, seguendo I timori della mia mente, avesse dovuto passargli per la testa di prendere qualcosa e scappare. Chiudo la finestra accanto al letto e vado a quella in fondo alla stanza. Attraverso le inferiate chiudo le zanzariere ma lascio il vetro apero per il gran caldo che faceva. Ok la porta è chiusa a due mandate e alle finestre ci sono le inferiate, pare tutto sotto controllo. Mi stendo anch'io sul letto e cerco di dormire. Faccio fatica ad addormentarmi a causa della sua presenza come immaginavo, fino a che stanco dalla giornata finalmente svengo.
In piena fase REM, verso le 3.30 vengo svegliato da un rumore di qualcosa che cade al suolo. Mi sveglio di soprassalto accendo la luce e vedo la borsa frontale della mia bici sul pavimento, aperta, giusto sotto la finestra. Panico. La borsa in questione l'avevo messa sotto al letto lontano dalla finestra e mezza incastrata sotto il letto all'altezza della mia testa. Si sveglia anche la mia ospite e chiede che sta succedendo. Do uno sguardo fuori dalla finestra e vedo per terra il mio zainetto dove c'era la fotocamera nuova più altri gadget, vedo la custodia aperta, vuota. Mentre mi muovo freneticamente le dico mi hanno appena derubato e devo capire cos'ho perso, cosa fare, dove andare...e...sto andando in panico. Mentre frugo nella scatola, la mente in affanno e il cuore fermo, la conferma del mio timore arriva quando non trovo la borsetta della carta di credito e...NO...IL PASSAPORTO!!! SONO FOTTUTO!!! Era in una bustina attaccata col velcro alla parete interna della scatola, avranno pensato contenesse denaro ma in realtà c'erano i documenti. Lei dice che devono avermi tenuto d'occhio già da ieri, poi cerca di tranquillizzarmi e razionalizzare. Usciamo a recuperare lo zainetto vuoto e guardare cos'è rimasto. Incontriamo il tipo della sicurezza che sembra stesse gironzolando e non in stand by come mi aspetterei di trovarlo. Gli diciamo dell'accaduto e lui dice che se la sentiva, inveendo contro gli ignoti. Mi torna in mente un evento strano accaduto la notte precedente. Verso le 4 sento bussare alla finestra accanto al letto e all'esterno della guesthouse vedo un omino basso a petto nudo e che puntandomi la luce negli occhi mi dice convulsamente di chiudere le finestre perchè sennò qualcuno può allungare un braccio e rubare. Intontito faccio per chiuderla ma essendo la finestra fuori dall'inferiata e con un sistema di chiusura strano perdo un pò di tempo. Nel frattempo il tizio mi dice di aprirgli la stanza che così mi aiuta. Io lo guardo come fosse un alieno e gli rispondo che ora nel mezzo della notte non aprirei neppure al papa in personae che lo ringrazio ma faccio da solo. Chiudo, lui se ne va e la cosa finisce la. L'unica cosa, sposto tutto il più lontano possibile dalla finestra aperta in modo che un braccio per quanto lungo non potrebbe raggiungere nulla di importante. Scoprirò solo il giorno dopo che il tizio in questione era l'uomo della sicurezza, lo stesso che ora di fronte a me dice che se la sentiva. Usciamo con la speranza che i ladri, avendo visto che dentro la bustina non c'erano soldi ma solo documenti, l'avessero gettata in un angolo, ma niente non c'è traccia da nessuna parte. Ok, capisco che ormai è andata, c'è ben poco che posso fare nell'immediato e soprattutto devo ragionare a mente fredda e capire come muovermi da questa situazione. Sono le 4 di mattina, ma di tornare a dormire non se ne parla e decidiamo di uscire e andare all'ufficio turismo per chiamare il responsabile e chiedere consiglio. Lui ci potrà dare il nome del ragazzo che il giorno prima mi aveva accompagnato alla guesthouse, chissà potrebbe essere coinvolto in qualche modo. Il responsabile ci dice il nome e ci consiglia di aspettare l'arrivo del giorno e come prima cosa andare alla polizia. La tipa mi sconsiglia di andare alla polizia sostenendo che non serve a un granché, ma io le ricordo che ho bisogno di un documento ora che non ho più il passaporto. Mi consiglia però di andare a parlare con la proprietaria di un ostello, una bianca del Sud Africa che secondo lei è davvero in gamba e potrà aiutarmi. Così facciamo, svegliandola nel cuore della notte. Lei si dimostra davvero gentile e umana e ci conferma come prima cosa di andare alla polizia per poi vedere come si sviluppa la situazione, tuttavia per ora secondo lei è meglio tornare a dormire e cercare di riposare. Gironzoliamo ancora un pò, pensando, ragionando su ogni istante dell'accaduto e cercando un qualche filo di Arianna. Tuttavia, stanchi morti, finiamo per tornare alla guesthouse e, questa volta ben chiusi finestre comprese, sveniamo per qualche ora. La mattina dopo mi preparo per traslocare. L'idea è trasferirmi all'ostello della bianca del Sud Africa e subito dopo andare alla stazione di polizia. La tipa, che ancora mi segue e supporta, ripete che non ha senso andare dalla polizia, ma io insisto e le dico che ho bisogno di lei anche perchè a questo punto è l'unico mio ponte con lo Swahili visto che quasi nessuno dei locali parla Inglese. Andiamo alla stazione di polizia e appena fatta la denuncia succede l'inaspettato. Ci chiedono come ci siamo conosciuti e io dico la verità, che abbiamo chiacchierato e poi la sera vista l'ora le ho permesso di dormire da me per non farla rischiare inutilmente. Lei su questo punto mi aveva chiesto più volte di mentire dicendo che ci eravamo salutati la sera e rivisti la mattina. A me però non andava di mentire anche perchè non ci vedevo nulla di male nel fatto di averla ospitata. Poco dopo però degli agenti la prendono in disparte e iniziano a parlare con lei mentre io seguo le procedure burocratiche. Uno di questi poi mi invita a raggiungerli dove nel giardinetto stanno parlando con la tipa. Appena arrivo lei mi guarda con due occhi terrorizzati e mi prende il braccio e dice disperata, questi mi mettono dentro, mi vogliono mettere dentro!! Io confuso rispondo che non ha senso e che non si deve preoccupare, perchè mai dovrebbero farlo? Viene allontanata da un agente che vuole continuare a interrogarla e mi vengono chiesti altri particolari. Capisco che la stanno sospettando, soprattutto sapendo che ha dormito nella mia stanza. Rispiego gli eventi e come il tutto è sia avvenuto da fuori, senza la minima azione da parte sua che per altro stava dormendo quando ho acceso la luce. Tuttavia gli agenti insistono e mi fanno capire che dovrei aprire il caso contro di lei.
Torna l'agente che l'ha presa da parte e dice che secondo lui la mia roba è nella sua borsa che tra l'altro lei ha lasciato al secondo ostello prima di venire con me alla polizia. Io ribadisco che per come sono andati gli eventi lei non ha mosso un dito e di certo la mia roba non può essere nella sua borsa. L'agente però insiste e quindi montiamo tutti in una volante della polizia e andiamo all'ostello, dove controllando nella sua borsa ovviamente non troveremo nulla come già sapevo. Mi lasciano all'ostello e se la riportano alla polizia perchè nonostante tutto ancora la sospettano. Finalmente mi rilasso un pò e inizio a fare qualche chiamata e a fare il punto della situazione. Dopo qualche ora mi chiama Il Capitano chiedendomi di venire subito perchè devo decidere se aprire o no il caso contro di lei. Vado li e mi viene chiesto di dichiarare e firmare se voglio o no procedere e perchè. Io ovviamente dico di no, perchè non ho nessuna prova ed evidenza di nessun tipo che possa in qualche modo essere stata lei o che sia avvenuto tramite lei. Compilo la dichiarazione e firmo, e lei uscendo dal comando e tornando verso il villaggio mi ringrazia e mi dice che le ho salvato la vita, e io tiro un sospiro di sollievo perchè almeno la situazione sta iniziando a prendere una forma stabile e dalla quale potrò capire come muovermi.
Parlando poi con vari abitanti locali, questo tipo di furti attraverso la finestra e con qualcosa di lungo per afferrare le cose è molto comune da queste parti. E in effetti non c'è bisogno di nessun tipo di complice all'interno per poter agire. Basta spiare con una torcia quello che si può “agganciare” e andare all'azione pescando quello che si riesce. Ovvio che nel caso di un viaggiatore poi c'è sempre qualcosa di buono e di valore da pescare.


Finisce così la mia avventura di venir derubato, e inizia in quei giorni l'epopea dell'aggiustare la situazione e trovare un adattamento accettabile. Tra le prime cose fatte infatti c'era stato chiamare l'ambasciata, che mi aveva subito confermato che non era possibile ricevere un passaporto regolare, ma soltanto uno temporaneo solo per rimpatriare. Il mio viaggio per come lo intendevo quindi era ovviamente terminato, ma non potevo neppure tornare con la coda tra le gambe e in qualche modo volevo dare senso a questo nuovo capitolo in qualche modo. Ecco quindi che passavo una settimana nell'ostello un pò per riprendermi ma più che altro che riorganizzare il viaggio senza più una carta di credito e decidere come sfruttare il tempo ancora valido del mio visto in Tanzania. I giorni passati all'ostello tuttavia sono stati interessanti e con alcuni momenti degni di nota dei quali racconterò a breve.

mercoledì 12 aprile 2017

Partenza da Shimoni, imprevisti vari e racconti perduti. Storia di otto lunghi giorni lungo la costa tra Kenya e Tanzania"

---------ENGLISH VERSION WILL SLOWLY COME BELOW, STAY TUNED----------


E' un po' che non scrivo nel blog e mancano vari racconti che vorrei riportare perché interessanti. Non scrivo da un po' perché dalla partenza da Shimoni, dove ho scritto l'ultimo pezzo ne sono successe di tutti i colori e non ho più avuto modo, la calma e lo stato mentale di scrivere o raccontare. Ora scrivo da un internet caffè di Zanzibar e cercherò di riprendere un po' il filo dei racconti perduti.


Giorno UNO

Partivo da Shimoni con quella stupenda esperienza dei bambini nel cuore e l'amicizia con Sami che mi aveva rinfrancato e nutrito. Per tornare alla statale dovevo rifarmi quei 15km di sterrato per poi farne altri 30 circa per arrivare a Lunga Lunga villaggio di confine prima della Tanzania. Parto e dopo poco iniziano i problemi tecnici. Cade la catena varie volte dovuto agli scossoni delle buche e un pessimo settaggio del cambio, la recupero un paio di volte al volo senza fermarmi usando il cambio, ma alla terza questa cede e si apre di netto lasciandomi coi pedali che girano a vuoto. Qualche blasfemia che esce strozzata e penso che per fortuna e grazie al consiglio di un amico ho comprato quell'aggeggio per aggiustare la catena. Pensavo che non l'avrei mai usato e al contrario avrei sicuramente forato mille volte prima di rompere la catena, e invece mi sbagliavo. Penso inoltre al tipo che mi ha venduto la bici a Mombasa, gli avevo chiesto di cambiarmi la catena per averne una nuova ma mi aveva assicurato che non serviva. Mi fermo e dopo un breve studio dell'aggeggio e della catena stessa capisco il meccanismo e la sistemo. Attorno a me intanto si sono raggruppati 5 6 bambini locali, scimmiette curiose che osservano e commentano la mia attività. Riparto contento della nuova esperienza e di aver riparato la mia prima catena e dopo non molto mi accorgo di aver perso per strada il mio multiuso cucchiaio-forchetta-coltello. Provo a tornare un pò indietro e vedo il gruppo di bambini che mi viene incontro con il mio aggeggio chiedendomi "pesa" cioè soldi. Mi hanno senza dubbio salvato, gli do volentieri qualche spicciolo e poi riparto. Finalmente arrivo alla statale senza altri intoppi e all'incrocio mi fermo per una breve pausa anguria. Riparto e ormai fa un caldo allucinante e decido di proseguire a zigzag, albero dopo albero facendo pause all'ombra e riprendendo per brevi tratti. Trovo un albero stupendo sotto il quale divorare la seconda metà dell'anguria e starei qui per sempre, al fresco e con questa frutta divina. Riparto e tra un zig zag e l'altro il sole inizia a calare un pò e io a pedalare con più costanza. Inizio a ingranare finalmente, quando mi accorgo che la ruota posteriore è imberlata e mi torna in mente quando all'andata per Shimoni una delle due borse posteriori era accidentalmente entrata nei raggi andando a bloccare di colpo la ruota. Capisco che si devono essere piegati dei raggi e la farò sistemare al primo villaggio. Proseguo e arrivo ad una luuuunga discesa dopo la quale vedo una luuuunga salita. Ai bordi della strada decine e decine di studenti che io, bello carico saluto a mo di papa a destra e sinistra. Parte la salita e smetto di sentirmi così carico..testa bassa e la affronto, dopo la quale arrivo finalmente a Perani. Faccio tempo ad arrivare nel villaggio sotto gli occhi di decine di locali curiosi e mi accorgo che devo aver perso gli occhiali da sole. Altre improperiche volano questa volta verso me stesso che evidentemente non li ho messi in un posto sicuro e decido di provare a scendere pian piano e vedere se li ritrovo. Erano occhiali da decathlon, nulla di che, ma foto cromatici e davvero utili in bici pedalando a diverse ore del giorno mattina e sera e VITALI contro insetti e polvere a qualunque ora. Scendo lungo la stessa lunga salita che avevo appena conquistato e ripasso a fianco dei molti studenti che ora sgranano gli occhi e di sicuro penseranno che questi muzzungu devono davvero aver perso la testa. Faccio un buon 4 km forse di più e non trovo nulla, nel frattempo incrocio un moto taxi che ha appena scaricato una persona che vedendomi cercare qualcosa si offre di fare qualche chilometro cercando per me. Mentre proseguo mi accorgo che sto facendo troppa fatica..guardo in basso la ruota frontale e...HO FORATO!! In un istante ripercorro con la mente tutta la giornata fino all'esatto momento in cui la mattina, appena si era rotta la catena pensavo a quanto bizzarro fosse che non avessi ancora forato e vola al cielo un colossale "DOH" alla Homer Simpson. Ora non solo ho perso gli occhiali ma sono ad oltre 4 km dal villaggio e con la ruota bucata. Mentre decido il da farsi penso al moto taxi che forse potrà aiutarmi in qualche modo. Lui torna senza aver trovato nulla e gli racconto che nel frattempo ho forato. Mi guarda come scoraggiato ma subito si mette a pensare. Vuole davvero aiutarmi e per prima cosa si prova a tornare assieme lungo il percorso per ritentare la fortuna con gli occhialiò. Lascio la bici a casa di una famiglia che nel frattempo ha seguito la faccenda. Gentilissimi davvero mettono la bici dentro al sicuro mentre noi andiamo e torniamo senza successo. Robert, il moto taxi si inventa un modo per legare la ruota anteriore della bici lasciando quella posteriore girando sull'asfalto. Pare funzionare e si parte verso Perani dove per ringraziarlo gli offrirò la cena più un compenso per la benzina. Lui non avrebbe chiesto nulla e devo dire che mi ha davvero salvato la giornata, proprio un angelo! Il giorno dopo la missione era far sistemare la foratura e la ruota posteriore imberlata. 


Giorno DUE

La mattina mi sveglio presto e da un meccanico un ragazzetto mi sistema la ruota forata mentre un secondo, che ci guardava da un gruppetto di moto taxi in attesa di clienti, si offre di sistemarmi la ruota posteriore nel suo laboratorio. Mentre mi sistemano la bici conosco una prete locale che parla quasi perfettamente Italiano. E' disabile ma con un carattere fenomenale e mi spiega di un associazione locale che ha fondato in aiuto ai disabili del villaggio, principalmente causati da malattie degenerative. Mi dirotta ad un incontro dopo il quale spero di partire per non trovarmi a pedalare sotto il sole cocente. Conosco alcune delle persone nell'associazione, ci scambiamo i contatti e torno verso l'ostello per prepararmi per la partenza. Chiedo dove possa trovare un bancomat, se non qui a Lunga Lunga e il proprietario dell'ostello mi dice che non ci sono bancomat ne qui ne li. ORPO!! C'è un negozio che ha un bancomat telematico ma provo e non funziona perché va solo con carte locali. Mi dice che l'unica è tornare ad Ukunda (due passi da Diani), praticamente la mia prima tappa dopo la partenza da Mombasa. Mi viene un collasso, guardo al cielo e penso a chi mi aveva detto che c'erano bancomat nella zona. Tutto sommato però sono già le 11 e fa già caldo, a questo punto rimando la partenza a domani e poi fino a Ukunda è solo un ora e mezza col mini bus. Parto, ritiro a Ukunda e torno a Perani che è ancora chiaro, circa le 17. Penso che potrei farcela ad arrivare almeno a Lunga Lunga a 15km da Perani prima del buio. Preparo la bici, svuoto la camera e faccio per partire ma...la ruota anteriore..è di nuovo sgonfia!!! Altro sguardo al cielo e un pensiero d'amore al ragazzetto che mi ha sistemato la ruota. Ritolgo tutto dalla bici, riprendo la stanza e mi metto all'opera per sistemarmi la foratura da solo, magari è l'occasione per imparare visto che sarebbe la mia prima volta e che a quest'ora ormai i meccanici sono chiusi. Riparo la camera d'aria e noto i buchetti che il ragazzo mi aveva mostrato e vedo che ne ha lasciato fuori uno. Rimonto il tutto e vado a cena. Appena torno però trovo la ruota ancora giù..ma in modo strano, la camera d'aria non è sgonfia ma è fuori dal copertone, come fosse saltata fuori. Sgonfio e rifaccio il tutto assicurandomi che il copertone sia dentro il cerchione in tutti i punti, ma dopo soli 3 minuti con la ruota gonfia lo vedo letteralmente esplodere davanti ai miei occhi e saltare fuori dal copertone. Ok, qui c'è qualcosa che va oltre la mia esperienza e rimando all'indomani mattina dal secondo meccanico. 


Giorno TRE

L'indomani all'alba questo mi mostrava come il copertone che a Mombasa mi avevano montato era di poco più grande del cerchione, e che quindi non offriva la massima aderenza al copertone che sotto la pressione della camera d'aria usciva dalla sede del cerchione. Solo sapendolo, si può rimediare nella fase del gonfiaggio, controllando che faccia aderenza in tutti i punti. Ripenso al tipo di Mombasa e alla maniera Africana di fare senza pianificare, di fare per il momento presente senza pensare alle conseguenze. Loro si che vivono nel qui ed ora, ma questo forse è troppo.
E' ancora presto e finalmente riesco a partire col fresco e in direzione del confine dove arrivo rapidamente.
Qui la speranza è di riuscire in qualche modo a passare nonostante non abbia la tessera di vaccinazione con la febbre gialla. Spiegherò in separata sede questo punto, ma per scelta non ho fatto e non voglio fare nessun vaccino.
Arrivo bello fresco alla frontiera del Kenya e all'uscita il dottore mi chiede la tessera delle vaccinazioni. Faccio finta di cercarla e di averla quindi probabilmente persa e senza battere ciglio mi dice che me la rifa lui, perché poi alla frontiera della Tanzania me la chiederanno di sicuro. Mi fa entrare negli uffici e mi dice che, visto che avrò sicuramente fatto il vaccino basta solo rifare la tessera, ma li per li non sono sicuro di aver capito bene. Andiamo nell'ambulatorio dove c'è un altro ragazzo che poco dopo viene siringato. Io intanto mi preparavo cosa dire in caso invece volesse farmelo. Lo vedo invece prendere una tessera nuova e, appena uscito il ragazzo e siamo soli nella stanza mi dice, "devi solo firmare qua" e mi chiede 1000 shellini cioè 10 euro. Mi dice che se avessi dovuto rifarla all'altra frontiera mi avrebbero fatto pagare 50 euro. Lo ringrazio e vado via e mi rendo conto che è stato molto ma molto più facile di quel che pensavo. Attraverso la frontiera Tanzanese e sono finalmente in Tanzania. Appena fuori dalla zona della frontiera inizia una strada enorme, stupenda praticamente nuova. Un enorme e largo biscione che si estende fino all'orizzonte e alle nuvole bianche sul cielo azzurro. Cambio gli scellini Kenyoti con quelli Tanzanesi, faccio colazione coi soliti fagioli e parto. Per la strada non c'è nessuno, o quasi. Il paesaggio è stupendo e quasi non riesco a pedalare perchè mi fermo ogni 200 metri a fare foto, video e ad ammirare. Dopo un pò la novità scompare e inizio a pedalare sul serio. La destinazione di oggi è a Tanga, in totale da Perani dove ero partito sarebbero 80km, non male. Lungo il percorso faccio tappe acqua, pomodori e banane. Scherzo un pò con i bambini che ad ogni pausa mi attorniano e mi riposo sotto le ombre di stupendi alberi sotto i quali sembra esserci un altro clima, non più Africano. A metà strada verso l'una mi fermo in un negozietto a mangiare dell'altra frutta e conosco il leader del villaggio, con il quale faccio amicizia e inizia una bella e lunga chiacchierata. Riparto verso le 15.30 riposato e pronto a macinare altri chilometri. Dopo un pò, in discesa decido di fermarmi e cambio marcia bruscamente mentre freno. La catena si aggroviglia e va a toccare il disco che protegge i raggi e quasi blocca la ruota posteriore. Mi fermo, cioè scendo visto che ormai ero già fermo e sistemo la catena. Poco dopo passa un tizio in bici, una bici locale pesante e da trasporto ma in questo momento scarica. Mi chiede dove vado e gli dico che sto andando a Tanga, mi dice che ci va anche lui e mi fa cenno di seguirlo per andare assieme. Accetto la compagnia e inizio a seguirlo. Pedaliamo assieme, dure salite in silenzio solo dandosi un cenno con lo sguardo per motivarci e sentirci uniti nello sforzo, per poi filare giù in discesa con abbastanza fiato da scambiare due parole. Qui la strada è tutta così, lunghe salite e lunghe discese. Non ci faresti molto caso in macchina, ma in bici le senti tutte. Lui però è un treno, e nonostante la bici che ha e senza rapporti riesce a starmi dietro anche sulle salite. Li per li mi sentivo una schiappa vedendolo sempre a fianco a me, poi però ho pensato che ho minimo 15kg di bagaglio sulla bici senza contare che lui pesava 40kg bagnato. Questo comunque non diminuisce l'epicità di questa gente, che si fa in giornata 50 60 km e oltre con bici scassate e pesanti sotto il sole cocente senza battere ciglio. Lungo la strada si unisce un terzo compagno anche lui diretto a Tanga. Ci motiviamo tutti assieme e pedaliamo come treni. Ad un certo punto però cambio rapidamente per fermarmi e succede di nuovo. La catena scavalca l'ultimo rocchetto posteriore, si aggancia ai raggi con forza inaudita strappandone letteralmente due e blocca di netto la ruota. Resto perfettamente in piedi grazie al peso della bici. Scendo e mi rendo conto del disastro. Vedo inoltre che non c'è più il dischetto che protegge appunto i raggi e capisco che dev'essersi rotto nel caso precedente e per questo la catena ha potuto agganciare i raggi. Quante volte nella mia vita ho visto quel disco senza mai davvero capirne l'utilità. I miei due amici appena hanno visto la scena si catapultano letteralmente dalle bici lasciandole per terra e vengono a vedere cos'è successo. Iniziano a guardare, toccare e commentare cercando di aiutarmi in tutti i modi. Piegano i raggi rotti agganciandoli ad altri raggi per non farli entrare nel cambio e fare altri danni. Io li guardo e mi stupisce la loro sincera gentilezza e desiderio di aiutare. Pare quasi essere amici da tanto tempo. Provo a partire comunque ma la ruota ora è così imberlata che ad ogni giro tocca il telaio e si frena tanto che quasi non riesco a pedalare. Scendo e provo a piegare il cerchione con il piede, ma serve davvero a poco. I miei amici intanto devono continuare il viaggio e mi salutano calorosamente. Mancano pochi chilometri a Tanga ma mi rendo subito conto che è un impresa quasi impossibile, ad ogni giro della ruota quasi mi fermo e per quanto mi sforzi non riesco a prendere velocità. Riprovo a piegare il cerchione e piano piano riduco un pò l'attrito. Guardo il copertone per capire i danni che lo sfregamento produce e non vedo granché. Dopo quaranta minuti di sforzi vuoi la discesa e le salite diminuite, vuoi che devo essere diventato fortissimo la bici inizia a tornare usabile. Quasi in città, fermo per una pausa ritrovo il mio amico, il primo che avevo incontrato. Facciamo gli ultimi sforzi di nuovo assieme e poi ci salutiamo in una vera e propria festa, lui che mi da il suo indirizzo e i suoi contatti e mi abbraccia come un fratello facendomi capire che oggi per lui è stata una giornata fantastica. Ormai sono in città. Cerco una guest house e trovo un hotel economico con ristorante annesso e con di fronte un bel negozietto traboccante di frutta!! E' il posto per me e scelgo senza pensarci troppo! Controllo la bici e guardo il copertone. Strano, non vedo segni di usura. Guardo un pò più in alto sul bordo e spalanco la bocca. Altro che non ci sono segni di usura, la gomma è sparita nel punto in cui toccava e si vedono chiaramente i cavi d'acciaio della struttura del copertone. Tuttavia sembra ok e non mi preoccupo troppo.


Giorno QUATTRO

Passo due notti a Tanga, sistemo la bici e mi ritrovo con un cerchione d'acciaio made in China che non volevo ma che il meccanico ha messo perchè a suo dire non c'era in città un cerchione d'alluminio. Mi rassegno pago e mi organizzo per partire. Oggi no ho una meta particolare, l'idea è riprendere la statale nuova che ho preso per arrivare qui direzione Dar es Saalaam. Parto nella direzione che mi pare più sensata ma inizia uno sterrato. Lo percorro stoico e convinto che prima o poi diventerà quella strada bellissima ed enorme. Nel frattempo vi passano a fianco enormi camion che trasportano terra e sassi, moto taxi e macchine alcune sfrecciando. Dopo circa 6 km qualcosa non mi torna e guardo la mappa. E ovviamente scopro che la mia strada era un altra, e che quella che ho preso è quella costiera che va fino a Bagamoyo passando per i villaggi di pescatori. Chiedo un pò in giro e il mio sospetto è confermato, è tutta sterrata per almeno 180km!!!! Un dettaglio questo che non si poteva capire dalle mappe. Penso che è una follia, ma guardo la mappa e vedo che lungo il percorso si passa attraverso il parco nazionale di Sadaani, che assieme ad un altro in Asia sono gli unici due al mondo a sconfinare nell'oceano. Vedo delle foto in internet con elefanti, leoni e altri animali in mare, stupendo!! Mi tenta e penso che potrei anche farlo, passare per il villaggi di pescatori e godere della lentezza e di una zona meno trafficata. In compenso mi risparmierei almeno 150 chilometri visto che la strada grande fa un giro lungo per arrivare a Bagamoyo e Dar es Salaam. Passo un eternità nell'indecisione e nel dubbio di star facendo un enorme cazzata a scegliere lo sterrato, anche perchè una volta preso non c'è di tornare sulla statale. L'unico modo è a circa metà strada prendere sempre una sterrata che collega la costa con la statale, oltre 40km, poco meno di continuare fino a Bagamoyo. Tuttavia resto su questa strada e inizio a pedalare. All'inizio è dura perchè l'unico punto in cui si può pedalare senza continui balzi e buche è una fascia di circa 40 cm al limite esterno della carreggiata, che è stata ormai battuta dal continuo passaggio delle moto. Poco più a sinistra e ci si impianta sulla terra, poco più a destra e si inizia a ballare col rischio di spaccare davvero tutto. Passo la prima ora a impiantarmi e saltare al volo dalla bici "cadendo" sempre in piedi, con tutta felicità dei vari spettatori che si godono il muzzungu volante. Piano piano imparo e inizio ad andare più fluido, notando che nel punto giusto non è poi così male e si va pure rapidi. Tanga inizia ad essere lontana e il paesaggio inizia ad essere spettacolare, fatto di soli villaggi, natura e gli stupendi colori del cielo e dei vestiti delle molte donne coi propri bambini. Pausa pranzo da locali con immancabili fagioli e si riparte. Arrivo al tramonto a Pangani stanco ma soddisfatto dopo circa 45km di sterrato!! Cerco una guesthouse e trovo una sistemazione abbastanza economica per 15000 scellini cioè circa 6 euro. Scopro tuttavia presto che non sarò solo, ma condividerò il bagno con un ragno grande quasi come una mano. Con lui mi accorderò per un quieto vivere e un "se ci sono io non ci sei tu e viceversa". 

Pagani è una bella cittadina, stupenda per il suo puro animo Swahili e ancora non toccata dal turismo di massa quindi ancora molto vera. Dalla mia guesthouse il mare è a 200 metri e appena sistemata la mia roba e cenato con una bella insalata fatta in casa, decido di farmi due passi in spiaggia e magari un bagnetto al chiaro di luna. Esco in spiaggia e mi accoglie un cielo incredibile, la via lattea visibile e interrotta solo da bianche nuvole qua e la. La spiaggia è lunghissima, c'è bassa marea e il rumore del mare è lontanissimo. Cammino un pò con la luce e un pò senza, arrivo all'acqua e mi tuffo. In acqua vengo accolto dalle mille luci della bioluminescenza. Stelle in alto e stelle in basso dentro all'acqua. Nuoto e sguazzo in questo spettacolo mentre guardo il profilo della vegetazione alla fine della spiaggia. Penso al potere delle scelte, della libertà, sono in Tanzania da solo, libero e sto facendo il bagno di notte. Stupendo!!


Giorno CINQUE

Il programma del giorno dopo sarebbe partire già per Sadaani. La mattina mi preparo e a vado verso il primo meccanico per sistemare due cosuccie di poco conto. Ne trovo uno sotto uno stupendo albero all'inizio di una suggestiva via del villaggio. Sotto all'albero molte bici gambe all'aria, pezzi sparsi, il meccanico che col suo ritmo lento e pacato fa il suo lavoro e un gruppetto di 5 6 ragazzi più un uomo sulle cinquantina vestito da musulmano. Mentre aspetto che mi sistemi la bici mangio qualche pomodoro per assicurarmi la mia dose di minerali prima della giornata sotto il sole. I ragazzi commentano e ridono, al che l'uomo mi spiega, in perfetto Inglese, che per loro è strano vedere qualcuno mangiare pomodori così. Mi stupisce il suo Inglese, da quando sono entrato in Tanzania è la prima persona che incontro che parla così bene. Spiego perchè i pomodori sono così salutari e lui mi dice che qui la gente manca di informazioni e cultura a riguardo, non sanno cosa contenga il cibo in generale e cosa faccia bene e perchè. Parlando con lui mi rendo conto che forse sarebbe un ottima occasione studiare un pò di Swahili con lui. Glielo propongo e di primo acchito mi rimbalza da una persona che conosce. Io gli dico che voglio lui e capisco che non ha mai insegnato prima ma anche che forse per qualche motivo è la persona giusta. Lui accetta e ci accordiamo per uno stile di lezioni dinamiche, cioè girando per il villaggio, incontrando i locali e scambiando idee e opinioni, il tutto ovviamente condito con l'apprendimento di parole e frasi in Swahili al modico prezzo di dieci dollari al giorno per due giorni.
Saranno due giorni davvero interessanti assieme al mio "Mwalimu" (insegnante) Adan, bevendo caffè e kashata con i locali, imparando frasi e nuovi vocaboli e ascoltando loro conversare facendo attenzioni ai bei suoni di questa stupenda lingua.


Griono SEI

Passano in fretta i due giorni a Pangani ed è ora di riprendere il viaggio. Bella esperienza e credo di aver fatto bene a scegliere di restare e conoscere meglio questo villaggio. Tuttavia negli ultimi due giorni ho purtroppo dormito da schifo. La prima di queste due notti ero ancora nella guest house trovata appena arrivato. Quella notte. l'amico ventilatore sul soffitto che faceva la differenza tra un bagno di sudore e un decente riposo, si fermava di colpo. Era un black out in tutto il villaggio che durò poi tutta notte. E fu bagno di sudore. Non ho più chiuso occhio, riuscendo a dormire solo un paio d'ore in totale. Grondavo sudore senza muovere un muscolo. La seconda notte per evitare di ripetere l'esperienza avevo deciso di farla in tenda in un campeggio a due passi dalla spiaggia. Il pomeriggio mentre piantavo la tenda c'era una deliziosa aria che arrivava diretta dentro la tenda posizionata con la porta verso il mare. La notte però purtroppo dev'esserci stato un black out anche della natura, perchè la deliziosa arietta era del tutto scomparsa, non una bava di vento. Dentro la tenda si grondava senza muoversi, e se aprivo anche di poco venivo divorato da decine di zanzare fameliche. Morale, anche la seconda notte ho dormito due ore. Ora, il giorno della partenza avevo quattro ore di sonno in due giorni, ero cotto ma non vedevo l'ora di partire sperando in un posto più fresco per la prossima notte. Arrivo al porticciolo dove un traghetto tipo chiatta trasporta persone, macchine e camion dall'altra parte del fiume. Dall'altra sponda riparte la strada sterrata verso Sadaani. Incontro al ferry un ragazzetto che mi si appiccica senza chiedere nulla e senza motivo apparente. Dice solo che lui aiuta sempre i muzzungu, prende con me il traghetto e dall'altra parte inizia a seguirmi dicendo che mi accompagna fino a Sadaani. Cerco di scrollarmelo ma non ho la forza di impormi e spero solo si stanchi lui. Fino a Saadani sono 80km e mentre attacchiamo la salitina che porta in cima dove parte la strada, penso che non capisco davvero che intenzioni abbia. Arriviamo in piano e dopo poco la solita ruota posteriore di blocca di colpo. Di nuovo come andando a Shimoni una delle borse posteriori si infila dentro i raggi. Riparto e di nuovo la ruota è storta..pare proprio non possa avere tregua con questi problemi tecnici. Il ragazzo di dice che li vicino c'è un meccanico e ripartiamo, ma la borsa che pareva essere in posizione rientra nei raggi. Guardo e analizzo e scopro che la stessa struttura rigida della borsa si è deformata facendola piegare con un angolo verso la ruota. Il ragazzo mi da la sua bici e lui prende la mia portandola a mano e con un braccio tenendo la borsa fuori da raggi, perchè ormai è letteralmente impossibile non farla entrare. Dopo poco arriviamo da quello che lui aveva definito un meccanico, ma che invece scopro essere suo fratello con altri amici in quelle che è il suo villaggio di nascita. Lascio la roba pesante e tengo solo i valori e con le bici voliamo giù di nuovo dal vero meccanico. Esce che questo non ha i raggi che servono, allora di nuovo col traghetto dall'altra parte da un altro meccanico. Torniamo dal primo che finalmente mi sistema la ruota e partiamo di nuovo verso il villaggio. Arriviamo da suo fratello e assieme escogitano un rudimentale sistema Africano per evitare che le borse entrino nei raggi. Finito il lavoro, li ringrazio calorosamente, ci scambiamo un infinita serie di "Stretta di mano Africana" e parto sempre col mio amico al seguito, che pare sempre volermi accompagnare e dice che dormirà li per poi ritornare il giorno dopo. Io un pò voglio scrollarmelo di dosso e gli dico che non serve, al che lui ridimensiona e dice che mi porta fino all'inizio della "strada principale". Siamo a poco dalla strada e la sella che già nei giorni scorsi aveva iniziato a muoversi si mette in posizione del tutto contraria a quella anatomica. Sono davvero stanco, un sonno mortale e non ne posso più degli imprevisti tecnici. Sistemo un pò la sella e mi rendo che gira perchè l'adattatore che entra nel tubo e che dovrebbe essere un pezzo unico è in realtà spezzato. Inoltre il tubo stesso si è piegato all'indietro sotto il mio peso. Altro pensiero va al mio caro amico di Mombasa, col suo sisi 4000km eccome, nessun problema!! Inoltre scopro di aver perso uno dei due guantini da ciclismo, vitali per ore di manubrio con tutte quelle sollecitazioni. Torniamo indietro qualche minuto e troviamo il guanto e penso che anche con la sella messa così voglio andare avanti, mi viene da vomitare al solo pensiero di tornare indietro. Il ragazzo però mi convince a tornare e stare da loro a dormire e mangiare tutti assieme in compagnia. La proverbiale insistenza Africana, e la mia stanchezza decidono per me e cedo, inoltre sono ormai le 16 e ha più senso riscendere per aggiustare la sella che andare soltanto fino al prossimo villaggio. Torniamo a casa sua, lasciamo tutto giù e rivoliamo al paese, traghetto di nuovo e siamo di nuovo a Pangani. Qui inizia un epopea di un paio d'ore in cui rimbalziamo mille volte da un meccanico all'altro perchè nessuno sembra avere un tubo e un adattatore per la sella. Un pezzo ce l'ha un meccanico e uno, forse, l'altro. Il ragazzetto si affaccenda di fronte ai letargici meccanici per smontare la sella. Chiede a me gli utensili, sia il ragazzetto che il meccanico, al che mi scappa più di una volta un "ma non è lei il meccanico? Avrete pure qualche attrezzo senza dover chiedere i miei no?". In tutto questo scopriamo pure che il portapacchi si è spezzato nel punto dove si avvita alla sella, al che inoltre dovremo fare una visita all'officina per farlo saldare. Sono sempre più incredulo e ormai sto davvero maledicendo il tipo di Mombasa che mi ha venduto la bici e ha messo un portapacchi non abbastanza solido. Con l'aiuto di qualche santo riusciamo a sistemare sia la sella che il portapacchi e ripartiamo. Mi faccio un conto e tutti i soldi che ho risparmiato dormendo l'ultima notte in tenda (5000 contro i 15000 della guesthouse) sono andati in riparazioni. Di nuovo traghetto, salita e siamo al villaggio. Io sono cotto, mi stendo sui letti all'aperto, coperti da un tetto di paglia mentre i ragazzi preparano la cena gentilmente offerta da me. Il cibo tuttavia è stupendo, in 5 a mangiare con le mani questo delizioso riso, fagioli e verdure con una fame che neppure mi rendevo conto di avere. La notte dormo divinamente, all'aperto, fresco e con nemmeno una zanzara, come aveva detto il ragazzetto al quale non avevo minimamente creduto tanto mi pareva impossibile.


Giorno SETTE

La mattina finalmente fresco e riposato mi organizzo la roba e parto, dopo altri mille saluti e scambi di numeri e contatti. Finalmente posso riprendere una certa costanza, l'aria è fresca e fortunatamente il cielo velato. Mi fermo al primo villaggio per un pò di frutta e verdura e parto deciso. Fino a Sadaani son 80km di sterrato, tempo ne ho pazienza anche, stiamo a vedere, posso sempre fermarmi in qualche micro villaggetto strada facendo. Pedalo facile, concentrato e i chilometri volano. Mi fermo a mangiare qualcosa, solito chapati e fagioli, qualche chiacchiera e foto con le gentili signore e riparto. Arriva il caldo ma non lo soffro tanto, solo cerco di mantenermi idratato. A un tratto compare sulla destra uno stagno, con palma a decorazione e mi viene in mente una cosa. Non manca molto per altri villaggi ma ho sete e voglio provare il mio super filtro in condizioni reali di sopravvivenza. Scendo con la bici fino al bordo dell'acqua. E' proprio bruttina, torbida, puzzolente, calda e piena di insetti morti che galleggiano sulla superficie. Mi chiedo se voglio davvero farlo, ma penso anche che se fossi in una reale emergenza non mi farei molti problemi, soprattutto perchè il filtro è proprio nato per queste emergenze. Preparo la fotocamera per riprendere questa follia, prendo il filtro e la sua sacca. Riempio la sacca dallo stagno e raccolgo quest'acqua marroncina calda. Collego il filtro, faccio un sospiro, chiudo gli occhi e inizio a "spremere" la sacca per far passare l'acqua nel filtro. Inizia ad uscire l'acqua, che con gran sorpresa a parte la temperatura è perfettamente neutra, cristallina e pura. Bevo con soddisfazione e la guardo uscire dal filtro letteralmente trasformata. Sono davvero soddisfatto sia dell'acquisto che del test. Riprendo il viaggio e in un altra ora arrivo ai cancelli del parco dove mi dicono che mancano circa trenta chilometri per Sadaani. Attacco l'ultimo pezzo e arrivo finalmente al villaggio dove però mi accoglie una sensazione come di inospitalità. Vado all'ufficio turismo per pagare l'entrata la parco e trovo confusione e idee poco chiare. Una impiegata mi dice che se passo soltanto non serve che pago, ma poco dopo smentisce il responsabile che mi dice che se non ho la ricevuta non mi farebbero uscire. Okay, pago, cerco una guest house e della frutta perchè ho bisogni di idratarmi. Trovo la guest house, mi sistemo, vado a rifocillarmi e volo con la bici scaricata dei bagagli al farmi un bagnetto alla spiaggia 5 km più in la. Il mare però è stranamente marron fango, forse per il fiume non lontano da li, e in tutta la spiaggia non si vedono animali, nemmeno scimmiette. Da commenti su internet e dalle foto che si vedono pareva che fosse facile incontrare animali la sera e la mattina presto. Torno alla guest house e cercando il coltellino svizzero scopro di non trovarlo e in un istante mi tornano alla mente le scene della riparazione che i ragazzi di Pangani mi hanno fatto, dove avevano usato il mio coltellino. Penso che prima di partire avevo ossessivamente guardato ovunque se avessi scordato qualcosa, ma nessuna traccia del coltellino, allora mi viene il sospetto che un pò l'abbiano fatto apposta di non ridarmelo quel giorno che ero così stanco sperando me lo scordassi. Ma non voglio allo stesso tempo pensare male e decido per la versione che avrei dovuto io chiederlo e assicurarmi di metterlo al sicuro. Decido il da farsi e penso che il coltellino è vitale e devo cercare di recuperalo ma ormai se ne parla domani. Vado a cenare e la sensazione di inospitalità viene confermata dalla proprietaria del ristornate, la quale con la sua amica non fanno che guardarmi mentre mangio e ridermi in faccia parlando Swahili. Provo a interagire ma non fa che peggiorare e farle ancora più ridere. Sono stanco e non è piacevole sentirsi fissato continuamente e deriso senza poter in nessun modo partecipare. Faccio notare che non è un bel modo di accogliere uno straniero e me ne vado. Scoprirò presto che non erano le uniche ad avere questo atteggiamento, ma pare essere un pò diffuso in tutto il villaggio, boh sarà il sentirsi fighi di vivere dentro un parco nazionale.


Giorno OTTO

ll giono dopo dopo smuovo mezzo villaggio per trovare un mezzo per volare a Pangani e tornare indietro ma pare impossibile perchè la notte aveva piovuto e la strada sterrata era allagata. Finalmente trovo un tizio che in macchina va a Pangani, perfetto!! Facciamo un primi 15 km e troviamo due primi laghetti che incrociando le dita attraversiamo. Poco dopo però troviamo la strada letteralmente diventata un fiume. Al centro ci sono cumuli di sassi per dei lavori in corso e l'unica zona usabile è piena d'acqua. Il tipo prova a passare ma la macchina si pianta, e dalla mia parte, quella più immersa inizia ad entrare acqua. Avanti di sicuro non si va, tentiamo di sbloccarla e fortunatamente riusciamo a fare retro marcia. Capiamo che l'unica è tornare a Saadani e prendere la sterrata che collega con 40km alla strada principale, proprio quella asfaltata stupenda che non ho scelto in favore della sterrata costiera. Lungo la strada circa e metà troviamo un altro fiume, con quantità di fango da sabbie mobili che riusciamo a passare solo grazie alla spinta di 10 ragazzi circa che ci fanno tornare sulla terra battuta. Ci metteremo in tutto circa 5 ore dalla mattina ad arrivare a Pangani, dove una volta li troverò il mio amico che aveva con se il coltellino e dice che l'avevo lasciato sul letto, dove sono certo non c'era nulla perchè avevo controllato maniacalmente. Lo saluto e riparto. Solito traghetto e poi un ora di attesa per il bus che mi porterò a Mkwaja a 30 km da Saadani. A Mkwaja è ormai scuro e in lontananza ci sono lampi di una temporale che sta per arrivare. Cerco un moto taxi e trovo fortunatamente un pazzo che si veste da vero motociclista con tutina integrale e che per 15 dollari accetta di portarmi a Saadani dove ho tutto nella guest house. All'entrata del parco passo 15 brutti minuti quando pare non ci facciano passare per l'ora, ma spiego la situazione e ci lasciano andare. Arrivo finalmente a Saadani stanco e sfibrato ma focalizzato nel partire presto il giorno dopo. E così sarà, la mattina dopo. Parto presto e mi godo il fresco della mattina e il silenzio nel parco. Avvisto qualche "pumba", qualche antilope e poco più, faccio foto e video e presto mi trovo al cancello d'uscita. La meta è Bagamoyo a circa 60km da Saadani e dal cancello in poi, a parte il caldo è un piacere pedalare con quel paesaggio stupendo. Villaggi, donne coloratissime che lavano i panni, bambini e un cielo e nuvole incredibili. In lontananza inizia a formarsi un temporale e dopo pochi chilometri ho qualcosa molto simile ad una visione.. L'ASFALTO!!! Non avrei mai pensato di provare gioia per quell'ammasso di bitume, ma dopo 180km di sterrato, fango, buche e sussulti, vedere quel tavolo da biliardo, perfetto e così sicuro mi fa scappare un sorriso. Mi fermo a mangiare evitando di pochi minuti una pioggia torrenziale che dura almeno un ora. Riparto e mi rendo conto che manca davvero poco a Bagamoyo, dove appena arrivato cercherò come da routine una guest house per sistemarmi e prepararmi per partire l'indomani per Dar, ma questa sarà un altra storia.