sabato 10 novembre 2018

E se fosse tutto solo questione di prospettiva?

9 Novembre 2018, ospedale Ca' Foncello di Treviso

Anche oggi ho avuto la mia dose di avventura. Verso le 21 mentre pedalavo all'altezza di via montello mi è venuta addosso un altra bici che arrivava in contromano. Nessuno dei due era riuscito ad evitare l'impatto. Lui è caduto e gli si è piegata in due la ruota anteriore, io sn rimasto in piedi ma qualcosa mi ha fatto un buco sulla pelle della tibia bucando anche i jeans. Lui si rialza e inizia a prendersela perché non l'ho evitato. Io metto le cose in chiaro che era lui fuoriposto e cerco di tranquillizzarlo. Mi presento e intanto lui si mette a raddrizzarmi il manubrio. Poi va dalla bici incazzato e con rabbia la scaraventa dall'altra parte di una recinzione. Resto solo, la catena giù e incastrata in malomodo.. sento male alla gamba e vedo il jeans bucato, lo tiro su e vedo l'osso. Pazienza, quel che è fatto è fatto. Mi metto a sistemare la bici e mi avvio verso il pronto soccorso. Ne approfitto dell'occasione per esercitare il mio zen. Funziona e quasi mi viene da ridere per la situazione. Arrivo al p.s. lego la bici ed entro sfilando con il jeans arrotolato e la colata di sangue che arriva al piede. Mi registro alla reception, vado a lavarmi le mani nere dalla catena e vado a sedermi.
Il mio umore così diverso dal mio aspetto crea una certa curiosità e a chi mi guarda mentre sfilo verso le zona d'attesa lo saluto con un sorriso. Attacco bottone un po' con tutti li attorno, fino a richiamare l'attenzione di tutti i presenti proponendo di intrattenerli con delle storie. Una signora mi chiede incuriosita: "ma lei sta bene o sta male, non capisco!" Io le indico la colata splatter e le faccio notare che è la gamba che sta male, non l'umore! Continuo a interagire con altri e a chiedere il motivo per cui sono qui. Mi accorgo di quanto, non chiudendosi nel proprio" dolore" e nella propria storia, tutto diventi più leggero, accettabile. Conosco una ragazzina con sua mamma, lei giocava a pallavolo e in partita ha sentito male ad un ginocchio. Poi un ragazzo Nigeriano accompagnato da un amico e la sua ragazza, anche lui ha avuto un incidente in bici. Li invito ad Arte Migrante e parliamo un po' di Mamma Africa.
Conosco poi una coppia, lui con un dolore al piede per il quale non riesce a camminare ma che non riconduce a nessun trauma. Ha un gran senso dell'umorismo e passiamo una mezz'ora a ridere di noi stessi facendo battute auto ironiche.
Mi torna in mente la malaria in Africa, e penso diamine li si che stavo male, questo in confronto è un giretto!! Dopo un attesa di due ore finalmente entro e mi suturano, anche li nasce un teatrino con infermiere, autista e un dottore. Immancabilmente alla domanda "che lavoro faccio" racconto del viaggio in Africa e partono storie varie. Vengo poi finalmente congedato quasi alle 2 di mattina e ripenso all'esperienza, certamente positiva per l'occasione di imparare a vedere le cose da altre angolazioni e ricordarsi quanto siamo fragili, ma soprattutto per ricordare quanto poco basta per portare il sorriso.

Torno a casa sereno e con il sorriso, e con una domanda in testa: "E se davvero fossimo in grado di convertire le esperienze e le nostre reazioni ad esse, e generare le emozioni che vogliamo invece che soltanto subirle?"

mercoledì 26 settembre 2018

La sottile, immaginaria linea della normalità..

Nella vita c'è a volte chi apre nuove vie, nuove possibilità..uscendo dal “si è sempre fatto così” e cercando nuovi sentieri nelle giungle dell'ignoto..

Oggi vi scrivo per raccontarvi della meravigliosa esperienza che ho vissuto qualche settimana fa a Sondrio allo stupendo rifugio Zoia, dove ho conosciuto un gruppo di “disabili” e i loro educatori, dell'associazione “Progetto La Fonte” di Firenze. Una realtà che davvero sta frantumando molti stereotipi e schemi nel rapporto con la disabilità.
Al rifugio c'ero già stato e stavo già pensando di tornarci. Qualche tempo prima di partire, Lele il proprietario, mi faceva sapere che fino al 29 Agosto ci sarebbe stata questa associazione e che, ne era certo, mi sarebbero piaciuti un sacco.
Lunedì arrivavo per cena, ma li avrei conosciuti solo l'indomani. Il giorno dopo infatti, su richiesta di Lele, avrei servito io la cena al gruppone.
Già guardandoli da lontano, qualcosa mi aveva catturato e stupito.. l'atmosfera che si respirava era di un gruppo di amici, una comitiva di 22 persone che si conosce da tempo.
I ragazzi in questione vengono, secondo i canoni della cosiddetta “normalità”, considerati disabili. Ora, per necessità linguistiche e per capirci, dobbiamo definire e appioppare etichette, ed è comprensibile. Quello secondo me inaccettabile è darle per scontate, lasciare che se ne stiano li a rappresentare al 100% la realtà, una realtà fatta di infinite sfaccettature ma che vengono sistematicamente piallate e annullate da quelle etichette.

Alla cena di martedì dunque ero pronto per servirli per poi fermarmi a cenare con loro.
Il trucco per entrare in sintonia è solo quello di buttarsi, di accettare il gioco e partecipare senza giudicare, in semplice compagnia. Dopo qualche ora con loro, la mia gioia era incontenibile, una gioia che nasceva dalla sensazione di libertà dalle maschere, dalle etichette e dai giudizi. E' in questo modo, frantumando questi muri, che andiamo all'essenza è cioè: la partecipazione.

Lo scopo di noi tutti in questa vita è quello di fare del nostro meglio, di sublimare le nostre paure e limiti nel fuoco delle nostre capacità, nella fornace delle nostre qualità qualunque esse siano, per produrre un liquido vitale più denso e rendere l'universo fecondo di possibilità.
Questo è ciò che gli educatori dell'associazione “La Fonte” fanno con i ragazzi, credendo in loro e mettendoli nelle giuste condizioni di valorizzarsi e diventare partecipi della propria vita.
Credere in loro anche quando purtroppo sarebbe comune arrendersi lasciandoli nel loro ristretto campo di azione.
Molti di questi ragazzi sono cresciuti nelle strutture dell'associazione, proprio come una vera famiglia della quale fanno parte in maniera integrante. Nessun servizio di circostanza dunque da parte degli educatori, o di sufficienza, giusto per dare il minimo di dignità.
Ma cosa significa dare dignità? Nella maggior parte dei casi significa vestire la disabilità di una maschera accettabile e dove gli aspetti più scomodi siano ordinatamente nascosti. Significa in pratica, prendersi cura del corpo e poco più, accettando passivamente i limiti.
Dare dignità invece, secondo me è dare valore alla persona dando le stesse possibilità che tutti hanno, creando partecipazione e inclusione. Significa che ognuno, in qualunque condizione, stato e salute possa portare il suo contributo umano al percorso della vita, in maniera diretta o indiretta. Sta a noi saperci aprire alle lezioni che queste persone possono darci e farle fruttare al massimo.

Di educatori ne ho conosciuto vari nella mia vita, ma qui la grande differenza è che loro in primis non sentono la netta separazione tra educatore e utente.. quel sottile ma invalicabile muro che separa “colui che ha bisogno” da “colui che aiuta e che quindi NON ha bisogno”. Un muro che in realtà ha dei confini molto labili.
Confini che non possono rappresentante le infinite sfumature dell'essere umano, e quindi tanto meno valorizzarle.
Non mi è mai andata giù quell'appiccicosa pietà travestita da compassione che la gente esprime di fronte ad un disabile. Tra i due, ho sempre provato pietà per il “normale” di turno che compativa il secondo, per non saper vedere oltre il proprio naso, andando inoltre a ricalcare l'etichetta sulla quale viene crocifissa la persona definita “disabile”.

Passando del tempo con gli educatori si ascoltano decine di storie e aneddoti divertenti sui ragazzi.
Mentre li ascolto mi si dipingono in mente i tratti di superori comici, personaggi buffi che divertono con le loro avventure leggere e scanzonate.
Certamente il fatto di essere toscani li rende irresistibilmente simpatici, capaci di scherzare su tutto anche sul peggiore dei mali, ma sempre con quella deliziosa partecipazione che rende tutto condiviso.
Un gruppo di amici che per stima e affetto si raccontano aneddoti divertenti e dissacranti. Dissacranti perchè abbiamo bisogno di ironia, di dissacrare appunto, perchè dal “sacro” al tabù il passo è davvero breve e spesso automatico.
Dissacrare però non significa ridere-di, ma ridere-con cioè assieme all'interessato, ridere con lui della vita, ridere di gioia perchè vale sempre la pena esserci, se attorno si hanno fratelli e sorelle disposti a ridere con te. E' farsi beffa dei cosiddetti problemi della vita, trovandone il lato comico e ridendone assieme.

Ma perchè questa associazione spende migliaia di euro per portare in montagna dei ragazzi dove, tra limiti fisici e cognitivi ci si potrebbe chiedere quanto possano fruire dell'esperienza? Perchè è un diritto di tutti poter stare al cospetto della bellezza, punto. E' un diritto di tutti avere qualcuno che crede in noi e non si arrende anche quando pare impossibile farcela.

Mercoledì il gruppo si sarebbe diviso in due, quelli che facevano dei giochi e quelli che sarebbero andati a camminare. Io mi aggregavo al secondo.
Nel giorno della camminata si raggiungeva un bel laghetto in quota e li ci si riposava un oretta distesi sul prato. Di fronte a me c'era S. un ragazzo con forti limiti cognitivi e che vive in un mondo tutto suo. Lo guardavo li di fronte a me, disteso sul prato, a fissare l'imponente montagna che si rifletteva in una cristallina immagine sul lago e mi pareva che il silenzio suo e quello della montagna diventassero una cosa sola. Mi sembrava che lui, a differenza di me, sapesse davvero connettersi con il grande Silenzio della Natura, e che io con tutte le mie capacità cognitive fossi invece perso nei miei dialoghi interiori, che però troppo spesso mi separano dalla bellezza che non parla, che non ha concetti. 

lunedì 20 agosto 2018

Abbandonarsi alla fecondità dell Ignoto..


Salve a tutti bella gente!!

Scusate se scrivo poco ultimamente ma mi piace scrivere solo quando ho veramente qualcosa da comunicare, e quasi sempre dev'essere qualcosa di personale e vissuto in prima persona..
Oggi scrivo per raccontarvi meglio, prima che sia troppo tardi, l'esperienza della settimana scorsa in occasione del mio giro a Sondrio, nella Val Malenco a trovare una persona cara che lavora in un rifugio e che qui chiamerò I.
Ci tengo a raccontarlo bene perchè per me ha avuto un forte valore umano di supporto e fiducia, e tale esperienza non fa che alimentare la mia convinzione che anche qui, nel nostro paese, la realtà dipende molto da come ci si pone e da come sintonizziamo la nostra radio interiore.
Questo giro nella Val Malenco lo pianificavo già dai primissimi giorni appena dopo il mio rientro dall'Africa, ma per via di molti impegni e incontri dopo cinque mesi di viaggio, l'avevo dovuto rimandare più volte.
Finalmente però, nei primi giorni della settimana scorsa riuscivo ad organizzarmi, e un pò al volo mi fiondavo in stazione dei treni all'ora di pranzo per il primo treno che, con 4 cambi mi avrebbe portato a Sondrio in 6 ore.
Arrivo in stazione, faccio il biglietto e volo al binario. La giornata è stupenda, e già sento quella sensazione di libertà, di avventura che inizia a pervadermi e ad attivare il mio spirito.
Entro nel vagone e mi siedo, e vicino a me si siede un ragazzo Senegale vestito dei suoi abiti tipici col quale faccio amicizia e pratica del mio Francese arrugginito. Mi stupisce la sua calma, la sua serenità..e curioso gli chiedo da quanto è in Italia. Mi dice che è qui da solo due mesi, e che prima è stato due anni in Spagna. Gli chiedo che ne pensa dell'Italia e dice che è molto contento, perchè è un paese stupendo, ma soprattutto perchè gli Italiani sono persone adorabili e calorose e con lui sono molto disponibili.
Rimango spiazzato, aspettandomi una risposta opposta alla sua vista la situazione con gli immigrati.
Continuamo a chiacchierare finchè ci accorgiamo entrambi di non aver timbrato il biglietto. Memore delle regole e di multe già prese in passato, già mi immagino qualche sanzione, e quando la controllora passa le accenno il problema. Lei come fosse la cosa più normale del mondo mi dice di non preoccuparmi che ci pensa lei e un istante dopo li firma entrambi. Inoltre guardando gli orari e le coincidenze ci da pure dei consigli sui prossimi treni. Rimango allibito, mi sarei aspettato una certa intransigenza, come ero abituato a trovare, ma trovo invece flessibilità e comprensione.
Che sia solo una coincidenza? Una botta di fortuna? O che abbia a che fare con la sintonia sulla quale è la mia antenna? Non ha davvero importanza.. resto in quello stato di leggerezza e penso all'itinerario di viaggio. Il treno deve ancora iniziare a muoversi quando ricevo un messaggio da I. Che, tutta preoccupata, mi dice che l'ultimo bus da Sondrio per la Val Malenco è alle 18.20..mentre il mio treno arriverebbe a Sondrio due ore dopo. Come percorrere dunque quei 33km da Sondrio al rifugio senza mezzi pubblici? Penso al da farsi.. il treno più veloce, il frecciarossa, ci metterebbe un ora in meno, ma arriverebbe comunque a Sondrio alle 19 quindi troppo tardi. Per un istante penso anche a scendere dal treno, chiedere un rimborso e rimandare il tutto ad un altro giorno. Poi però vince quella leggerezza, quella lieve brezza che già mi teneva come sospeso, fresco e pronto a partire. Nella fertile incertezza del “come fare” il mio spirito trova il varco giusto per espandersi. La benzina, lo spruzzo d'avventura, va a contatto con quella fiamma pilota sempre accesa, sempre pronta a reagire e a incendiare l'animo. Una vampata ed eccola quella vitalità incondizionata,
quell'onda, la mia onda di entusiasmo che arriva, forte, spumeggiante e mi solleva e so che mi porterà lontano.
Mentre mi godo questa energia, questa estasi di vitalità, mi trovo a ridere sotto I baffi dell'imprevisto che mi si presenta davanti, ora che la mia onda è troppo grande e forte anche solo per prenderlo in considerazione. Anzi, è proprio quell'imprevisto ad averla generata, e al solo pensiero l'onda sbuffa e schiuma in attesa di poterlo inghiottire..
Inizio il viaggio con questa forza ma anche calma interiore e mi metto comodo ascoltando della musica mentre sto attento ai tanti cambi.
All'ultimo mi trovo nella tratta più lunga, due ore da Milano a Sondrio attraversando il lago di como e I suoi meravigliosi paesaggi. Non ero mai passato da queste parti e mi stupisce la bellezza delle zone. Un cielo azzurro e un sole stupendo che crea giochi di luce sull'acqua del lago luccicante, e in questo quadro I tanti paesini arroccati lungo le sponde del lago vengono avvolti da una luce calda che li fa risaltare ancor di più. Con la scusa del panorama attacco bottone con una signora di mezza età che era seduta nella fila di posti alla mia destra. Parliamo del paesaggio, della bellezza di tanti posti del nostro paese e da li si arriva a parlare di viaggi, vita, esperienze. Ci presentiamo e quando mi dice di chiamarsi “Nica” resto di stucco, si chiama come una mia carissima amica Slovena conosciuta nel primo viaggio in Africa, e questa è la seconda volta in assoluto che sento questo nome. Mi diverte l'idea di prenderlo come un buon segno..
Le racconto delle mie avventure Africane e aggiungo che pure qui, ora, è per me un avventura perchè dovrò trovare il modo di raggiungere la Val Malenco senza trasporti pubblici. Ne parliamo e le dico che proverò a fare autostop, e che se sento che qualcosa succederà.
Siamo quasi a Sondrio ed è quasi ora di salutarci. Nica sembra diventare pensierosa e mi confessa che è preoccupata per me e che non immagina come potrò raggiungere la mia destinazione percorrendo quei 33km solo basandomi su un passaggio di fortuna. Le ripeto di non preoccuparsi perchè sono abituato a queste situazioni di incertezza e che ci sguazzo bene.. lei però insiste e mi da il suo numero, giusto in caso non riuscissi proprio a trovare un passaggio. La ringrazio e mi avvio attraverso la piazza di Sondrio. Attraverso la città ed entro in un bar a comprare dell'acqua prima di uscire dal centro. La ragazza alla cassa ha la carnagione scura e divento curioso di sapere che origini ha. Mi dice di essere Dominicana, al che parto a parlare in Spagnolo e mi presento. Le porgo la mano e dico “Alessandro, piacere!” e lei subito risponde “Alessandra, piacere!”...ridiamo entrambi di gusto, e anche questo mi pare un altro buon segno.
Saluto ancora ridendo, esco e vado verso la statale ancora più sicuro delle mie sensazioni. La strada inizia a salire fino al bivio che a destra sale verso la Val Malenco. La mia onda è li, mi sento come trasportato, senza fatica e pensieri..non mi importa del risultato, fino a che quell'entusiasmo è con me. Cammino veloce in salita, mentre col dito distrattamente informo le macchine di passaggio che avrei bisogno di uno strappo. Mi fermo per fare una foto del paesaggio all'imbrunire, e subito dopo rimetto fuori il dito per una macchina che sta arrivando. Mi fa I fari..rallenta e accosta..guardo dentro e vedo che è !!! E' venuta su senza neppure chiamarmi, sperando di trovarmi lungo la statale!! Incredibile, sapevo che qualcosa sarebbe successo!! La ringrazio un milione di volte e le dico di lasciarmi pure dove anche il bus mi avrebbe lasciato e cioè a “Franscia” alla base della montagna a 7km dal rifugio. Da Frascia la strada, sulla mappa, risulta più piccolina e non voglio farla arrivare fin su col buio, dovendo farsi 14km di tornanti 7 dei quali In discesa da sola al buio. Lei mi dice che pur non promettendomi nulla, vedrà man mano com'è la strada e se riesce mi porterà fin su. Insisto, ma non vuole sentire storie. Ormai è buio e chiacchierando andiamo su lungo una statale semideserta. Mi dice quasi con stupore che oggi mai avrebbe immaginato di esser qui salendo verso le montagne, e percepisco una note di entusiasmo nella sua voce. Arrivati al bivio per salire al rifugio, la strada pare buona e non troppo piccola. Lei decide di provare e dopo altri 7 km arriviamo al piazzale sopra il qual troneggia il rifugio. Ci salutiamo, io non so davvero come ringraziarla. Mi viene naturale chiederle di scrivermi quando arriva a casa sana e salva. Lei esclama sorpresa che non se lo sarebbe mai aspettato da me, essendo una cosa che di solito fanno I fratelli, I genitori. Ecco, è questo di cui abbiamo bisogno, di rompere questi schemi, questi muri che ci dividono e limitano la libertà.
Le sorrido e le ripeto che aspetto il suo messaggio. Ci salutiamo e io prendo il sentierino che in cinque minuti porta al rifugio al quale si può arrivare solo a piedi. Mentre sto salendo penso ai tanti muri che oggi, Nica ed io abbiamo abbattuto e della fiducia e affetto che ci siamo dimostrati, noi, due perfetti sconosciuti.
Mi accolgono I. e i suoi colleghi. Mi racconta che tutti erano preoccupati per me, ma anche che lei diceva loro “tranquilli, Ale in qualche modo ce la farà, qualcosa se lo inventerà”..
Racconto la storia della signora Nica e restano tutti stupiti per la sua gentilezza, per la sua fiducia ad un estraneo. Io invece non mi stupisco più, ma godo del calore che c'è nel mondo e delle possibilità che arrivano dal vuoto fecondo. Ripenso allo stupore di Nica di essere su per le montagne con uno che solo uno prima non conosceva, e penso che noi esseri umani abbiamo bisogno si di amore, di calore.. ma anche di avventura, di ignoto.. e penso anche che se l'affetto e l'amore ci fanno stare bene, sono l'avventura e l'ignoto a farci sentire vivi.

giovedì 14 giugno 2018

Meritato riposo..

Finalmente al caldo e comfort della mia tendina "piantata" sul pavimento a piastrella dell'area comune di un lodge..



Oggi record con 154km!!!




Giornata impegnativa anche perchè ho forato lungo il percorso e ho ri-forato giusto appena arrivato qui a Palaye. Mi metto nel parcheggio di un centro commerciale a sistemare la fortatura, ma appena finito scopro che anche la valvola si è rotta..nel frattempo mentre riparo si alternano ad "aiutarmi" i ragazzi che lavorano alla stazione di servizio..



Finalmente mi muovo verso un lodge a caso sprando di trovare un prezzo decente visto che qui dormire costa decisamente più che in Europa. I vari lodge sono tutti all'interno di un labirinto di stradine tutte a fondo sabbioso, al che mi impianto qualche migliaio di volte, tiro giù santi vari che pure loro si chiedono perchè diamine avere strade, non dico sterrate, ma sabbiose!!!??
Dopo due lode tutti pieni, trovo per fortuna un portiere notturno che mi permette di metter la tenda qui a gratis!! Alla fine non è andata male direi...certo però..Che giornatina!!!

mercoledì 13 giugno 2018

Metti la tua anima sulla bicicletta..

E' una mattina come tante, lo zaino fatto..la bici pronta a mordere l'asfalto.
Una mattina pronto a partire, a rimettere in moto questo motore, a generare questo mondo. L'impressione è spesso questa, e cioè che sia il mio pedalare attraverso i paesi, i paesaggi, le genti, a renderli reali. Come se la bici fosse la penna di un artista che disegna la realtà, o come se le ruote della mia bici fossero la puntina di un giradischi che, scorrendo lungo i solchi di popoli e paesi, generasse questa sinfonia di colori e bellezza.
Una mattina come tante da 4 mesi a questa parte. Stessa routine, ma luoghi sempre diversi, così sradicato dalla posizione geografica che la vera casa diventa la strada stessa, il movimento e il cambiamento.

Prima di mettermi in movimento e accendere questa realtà, vi lascio con queste parole di Aldo Rock, non perchè creda che le mie non siano sufficenti, ma perchè anche lui vive sulla pelle questa magia del creare, del vivere queste esperienze straordinarie nel mondo ordinario.

"..Metti la tua anima sulla bicicletta e pedala!! I luoghi che incontri ti apparterranno per sempre..perchè in un lungo viaggio la bicicletta è il paesaggio che incontri, lo strappi a te stesso, gli dai la tua forma, lo ami così tanto da ricrearlo a tua immagine e somiglianza..ruvido, elegante, pericoloso. Pedala per evolvere la tua anima..e gli amici che incontri, sarannno amici pper sempre.."

Do uno sguardo alla mappa..faccio l'occhiolino alla mia bici..e parto..


mercoledì 6 giugno 2018

Cioè che davvero importa..


29 Maggio 2018, Lusaka - Zambia

Finalmente in treno, ora in viaggio da circa tre ore!! Direzione Livingstone!!




Lasciare Lusaka è un mix di emozioni, davvero.
Guardo attraverso le finestre della mia cuccetta e rivedo la mia Africa nelle campagne dorate dalla luce del tramonto. Dopo 23 notti passate all'ostello sento il bisogno di riconnettermi con la semplicità e la forza dell'Africa semplice, ruspante, vera. Quella forza che ti entra come un pugno, ma che non ha i veli e i manierismi di una grande capitale internazione, seppure sempre Africana.

Questo periodo è stato davvero intenso. Di certo non banale.
Non l'avevo scritto per non creare inutili preoccupazioni e anche perchè sapevo essere una stupidaggine e solo questione di tempo, ma dopo la malaria appena credevo di essere del tutto guarito avevo avuto una ricaduta.
Tornava la febbre e il malessere e il pensiero andava subito alla malaria. Tuttavia tornando alla clinica mi confermavano che la malaria era del tutto sparita, in compenso a causarmi quel malessere era la bilarzia, una parassitosi che si prende nei laghi e nei fiumi. Niente paura, bastano 3 pastiglie da prendere nel giro di 36 ore, tuttavia la cosa mi ha allettato per altri quattro giorni prima di tornare davvero in forze. Di certo la combinazione di malaria più bilarzia non ha aiutato anche perchè erano due parassitosi in contemporanea.

Ora finalmente sto davvero bene, e vedo con grande ludicità quanto meravigliosa e stupefacente sia la salute. Uhm..ma un momento cos'è la salute? La salute è quando diamo per scontato il nostro corpo e la nostra psiche perchè non "si fannno sentire" e quando un organo o uno strumento funziona perfettamente e non si fa sentire appunto, non lo si nota. Diamo questa salute per scontata e ci carichiamo di stress da un lato, e strozziamo ogni possibile vitalità fisico/psichica/spirituale dall'altro. Tutto ciò in nome di una mente che ha preso il sopravvento e per la quale le cose importanti della vita vanno in senso diametralmente opposto da una qualsiasi ricerca della slaute sia fisica, che addiritura mentale. Auto-sabotaggio insomma. Chi più chi meno, ognuno a modo proprio, ma pure sempre auto-sabotaggio.
Mentre stavo male, vedevo chiaramente come quello stato gettasse un velo grigio, di tristezza e depressione nella mia mente. Tutto era difficile, non appetibile, la vita stessa appariva un fardello invece che un opportunità. Ho meditato. Disteso nel letto al caldo dirigevo la mia attenzione al corpo mandandogli presenza, consapevolezza, amore. In quei brevi istanti in cui trovavo una perfetta concentrazione, il disagio spariva, il velo si alzava e tornava la speranza, il senso del piacere. Tuttavia seppur durasse poco mi ha insegnato che il corpo ha una sua intelligenza e non è un freddo e stupido organismo meccanico.
Il primo giorno in cui, durante la malaria, iniziavo a star meglio, ho avuto un improvviso bagliore di benessere mentale, di speranza, era come aver visto la luce dopo giorni di buio.

Vi racconto questo per dire che davvero, dovremmo mettere la nostra salute fisico/mentale al primo posto in assoluto. Dove potremo mai andare con una macchina logora e che può lasciarti a piedi da un momento all'altro??

Ripassate mentalmente i momenti della vostra vita in cui siete stati malati, come stavate, cosa provavate e pensavate. E non parlo di acciacchi vari e assortiti, ma pesanti e acute condizioni fisiche che vi mettono a letto perdendo ogni appetito per la vita. Ecco ora tornate al momento presente, e godetevi la forza vitale che vi scorre dentro, celbratela e sentitevi fortunati, grati!!

lunedì 28 maggio 2018

Una vera e propria festa..

In questi giorni di stallo mi sento un pò quasi come fosse finito il viaggio e stessi ripensando alle mirabolanti esperienze vissute.
Me ne vengono in mente alcune di forti.
In particolare ripenso a quando ho avuto la fortuna di partecipare ad un funerale in Tanzania.
Li ho scoperto cosa fosse la vera ospitalità Africana, cosa volesse dire sentirsi incluso, accettato e trattato come uno di loro.


Dovete sapere che in Afrca i funerali non hanno nulla a che fare con le cerimonie di lutto che noi tutti conosciamo.
Qui è davvero facile passare a pochi metri da una tale cerimonia e pensare sia una qualche sorta di festa.
Musica a palla, decine e centinaia di persone e sorrisi, dialoghi, partecipazione.
Un giorno, mentre mangiavo un anguria al lato della strada vedevo sfrecciarmi accanto decine di moto taxi e camion strapieni di gente, che dalla statale erano tutti diretti verso un villaggio inerpicato sulla collina.
La mia incurabile curiosità mi spingeva a seguirli scoprendo che si trattava di un funerale. Arrivato al villaggio conoscevo una ragazza che mi avrebbe fatto da guida e interprete e finivo dunque per essere invitato, ponendo infine le mie condoglianze ad un giovane sposo che aveva perso la sua giovane moglie.
Scoprivo inoltre, che tutte quelle persone presenti non erano familiari o parenti di qualche grado, ma per la maggior parte non si conoscevano affatto.
Si perchè in Africa, quando vieni a sapere di un funerale, ti precipiti anche tu, proprio come ho fatto io ed è perfettamente normale.
Chiunque è il benvenuto, più si è meglio è, perchè la morte non va nascosta, ma esorcizzata con la comunità, con la musica, con la vita e celebrando la vita.
Portare le condoglianze allo sposo è stata un emozione intensa, una stretta di mano, un abbraccio infinito e fraterno, un istante a colmare quella distanza geografica e culturale fino ad annullarla.

Che senso ha in fondo il nostro definire ed emarginare, etichettare? Che senso ha stare appollaiati sotto l'ombra di una bandiera, nascosti da un sole la cui potenza illumina tutti indistintamente?
In quegli istanti mi sono sentito piccolo piccolo, mi sono sentito amato, accettato e fatto parte del loro mondo, del mondo di una cultura a me così distante e da persone teoricamente estranee ma in realtà così vicine, così famiglia.
Scoprivo poi che era la prima volta che un bianco si inoltrava così nelle loro quotidianità, e che partecipava ad una tale cerimonia. Scoprivo anche che per loro era stato un tale onore e che se lo sarebbero ricordati per un bel pò, come anch'io lo ricorderò e custodirò gelosamente.

venerdì 13 aprile 2018

Apri la mente e cambia l'aria..

TUTTA QUESTIONE DI FIDUCIA

Immaginate di essere in bici, state pedalando. Si è fatto buio e ora l'unica luce che vi mostra la strada è la vostra torcia frontale. Siete nel cuore dell'Africa in Malawi, su una statale che costeggia l'omonimo lago e siete in ritardo a causa di una foratura e un ostinato vento contrario per tutto il tragitto. Al buio, in bici, in un paese Africano che conosci ancora poco. Che cosa fai? Beh, non so cosa fareste voi, e forse non so neppure cosa sarebbe meglio fare..so solo quello che ho fatto io: Fidarsi e affidarsi!! Alla vita, all'universo...avere fiducia nelle persone e nel bene. Un pò come nella Storia Infinita nella prova delle sinfgi: se passavi con un cuore timoroso, impuro, venivi fulminato all'istante. Se invece avevi un cuore puro, aperto, passavi indenne.

E' in situazioni come questa che si può davvero mettere alla prova la propria fede, la propria fiducia. E' facile farlo quando tutto già va come dovrebbe o cmq è abbastanza statico da non subire scossoni. Il vero banco di prova è quando ci si trova fuori dalla propria zona di comfort. Quando parlo di fede non intendo in nessun modo una fede religiosa.

Nessun dogma è stato coinvolto, esaltato o malrattato nella produzione di questo pensiero. 

Ciò che intendo è una fede laica, una fiducia che sa delegare. D'altrone, questa è una cosa che facciamo tutti continuamente. Non è forse fede quella che abbiamo nei confronti del nostro cuore di continuare a battere? E non è fiducia, o fede quella verso qualunque altra funzione del nostro corpo? Nessuno si preoccupa che lo stomaco digerisca, che il cuore batta e i polmoni ti permettano di respirare. Ci affidiamo alla vita che scorre in noi, deleghiamo questi compiti fondamentali con un atto di fede.

Ciò non significa tuttavia essere distratti e impreparati, dare per scontato che tutto debba sempre andare per il verso giusto. Avere un cuore puro significa non ricamare una storia, bella o brutta che sia, sopra le situazioni e le persone.

Procedo al buio per alcuni infiniti chilometri fino ad un gruppetto di case dove chiedo a delle persone dove sia la prima guest house, e mi rispondono a Uliwa a meno di 3 km. E così è stato, sono arrivato indenne al villaggio, e il pericolo più grande che ho corso, reso modesto dalla torcia frontale, erano le buche nella strada dissestata, tutto il resto erano solo proiezioni della mente.

UNA LUNGA GIORNATA RESA SPECIALE DAL SUPPORTO DELLA GENTE INCONTRATA

Oggi quindi è stata proprio una giornata intensa. Tuttavia a caratterizzarla, al contrario dei timori, sono state le relazioni umane e il supporto che ho ricevuto dalla gente locale. Dapprima uno stupendo incontro e una bella allegria e connessione con delle signore che vendevano dei frutti detti graviola.

Vedo una bambina sola sotto un albero al lato della strada che vende cinque frutti su un piattino argentato poggiato su uno sgabello. Mi avvicino e arrivano correndo due donne e altri bambini. Un interazione fatta quasi solo di sguardi e risate perchè loro non parlano ne Inglese ne Swahili e io non parlo il Chichewa, la lingua principale in Malawi. Tuttavia c'è una connessione profonda, rispetto e un mutuo aiuto.

Piccoli gesti, come tirarmi in qua al passare di un grosso camion, farmi notare che la zip di una borsetta sul canotto è aperta, offrirmi un quarto frutto che non avevo pagato. Come trovare una madre e dei fratelli che per brevissimi istanti si prendono cura di te. Stupendo fermarsi per comprare della frutta e ripartire commosso da tale connessione e bellezza..

Poi la foratura. Come spesso accade in Africa, da una statale prima vuota, venti persone tra cui molti bambini spuntano dai cespugli e vengono curiosi a vedere cosa combina lo strano bianco..tra questi un ragazzo in particolare che si prende la briga di aiutarmi...e sempre da quel "nulla", qualcun'altro sbuca con una bacinella piena d'acqua in cui immergere la camera d'aria per trovare il buchetto. Sono circondato da bambini e ragazzi, e tutti mi mandano in qualche modo il loro sostegno, fosse anche solo travestito da curiosità. Quella curiosità che a volte mi fa quasi incazzare, inopportuna e impudica, ma che molto spesso si trasforma in aiuto e sostegno quando ne ho più bisogno. Dura dire che sono qui da solo, come diavolo potrei mai dirlo?? Quando alcuni locali, o altri viaggiatori mi chiedono "ma come fai qui da solo??" Gli rispondo.."ma io non sono solo, ora per esempio sono con te" e non è davvero solo un gioco di parole o uno scherzetto..è la pura verità.
E' molto più deleterio essere "soli" con se stessi e i propri pensieri..chiusi a chiave nella scatola cranica, piuttosto che essere soli ma aperti all'esterno.

PRIMO IMPATTO IN MALAWI

Dunque al mio primo giorno in Malawi, arrivato a Karonga dopo 91km direttamente dalla Tanzania, già testavo l'accoglienza e il supporto della gente locale.
In un piccolo negozietto di alimentari e articoli per la casa compravo una scheda sim locale, ma avevo bisogno di aiuto per capire questo nuovo gestore come funziona per la connessione dati. La proprietaria mi indica un ragazzo, cliente anche lui, che mi può aiutare. Questo come fosse la cosa più normale del mondo si dedica a me al cento per cento seguendomi in tutte le fasi dell'attivazione della scheda. La procedura è in realtà molto facile, ma spesso le schede sono impostate nella lingua locale. Gli prometto una bibita per il disturbo e appena ho la connessione in funzione mi metto a cercare un posto dove dormire. Trovo alcuni nomi e il ragazzo, ora assieme ad un amico che si è aggiunto, si propone di portarmi a vederli e poi decidere. Ci avviamo, io con la mia bici e loro con una bici sola. Passiamo in rassegna due posti, che per prezzo e posizione troppo isolata non scelgo, fino ad approdare in un resort un pò costoso ma con ristorante e vicino al villaggio. Offro anche al secondo ragazzo una bibita per ringraziarlo del tempo e della pazienza (diciamo pure della scorta) ma ringrazia e rifiuta dicendo che gli amici del suo amico sono come fossero anche amici suoi e che quindi basta il gesto. Questa è lealtà, integrità morale, forza d'animo e apertura. Curioso trovare queste qualità in un comune ragazzetto del Malawi, quando spesso, certo non sempre, dalle mie parti è più facile trovare invece una certa barriera e diffidenza non sempre facile da penetrare.

Così dopo pochi giorni in Malawi, l'universo mi sta dando segni di fratellanza anche qua, di unione e muto sostegno.
Oggi è il quarto giorno pieno dal mio arrivo. Mi sto allontanando dal confine e sto penetrando nel tessuto sociale e nel territorio.

Mi sveglio e vado a far colazione in una capannetta a fianco alla guest house. Porridge di riso, tè e un dolcetto simile agli scones Inglesi, cioè una specie di pane dolce.

Conosco Po, un giovane di Karonga che vive e lavora per una compagnia elettrica tra Muzuzu e la zona in cui ho dormito. Diventiamo subito amici, ci facciamo qualche foto e ci scambiamo i numeri. E' felicissimo e onorato di conoscermi e lo sono pure io. Mi riaccompagna verso la guest house e intanto chiacchieramo. Li vicino ci sono i suoi colleghi che fanno colazione con delle patate fritte e mi presenta un suo collega e caro amico. E' quasi impossibile qui in Africa non farsi degli amici. La parola d'ordine è come sempre gentilezza e rispetto, il resto vien da se.

UN ANGOLO DI PARADISO..

Torno alla guest house faccio il bagagli e riparto.

Oggi non c'era vento, la strada era abbastanza piana, ma proprio non riuscivo a pedalare.

Il fatto è che c'era troppa bellezza, quasi da far male. Il lago a sinistra, quasi sempre visibile attraverso le zone più brulle e pianeggianti - La presenza dell'acqua è sempre magica e confortante. A destra le montagne, verdi, rocciose, stupende, con alcune cascate visibili in lontananza. Il classico cielo Africano, con le nuvole attaccate come adesivi su un azzurro intenso e con altre nuvole a "spennellata" sopra le montagne. L'aria tersa, che dona al paesaggio una visibilità cristallina in cui i colori diventano saturi e quasi palabili. In tutto questo anche i colori dei vestiti Africani e soprattutto, la gentilezza e dolcezza degli abitanti. Qui a differenza dalla Tanzania la gente non ti bada molto in principio, ma quando la saluti si scioglie in sorrisi e manifestazioni d'affetto che pare quasi essere amici da tempo. Risultato, pedalo al minimo, ciondolando lungo la strada semideserta d'auto, ma piena di bici e persone che camminano, salutando quasi tutti e con un sorriso ebete in faccia incredulo di cotanta bellezza. Qui in questa zona, il Malawi è un piccolo paradiso. Le casette deliziose, la vita semplicissima e la domanda che ti viene da farti è se davvero c'è bisogno di complicarsela con il famigerato "progresso". Le risposte certo non sono così facili, non conosco i problemi di questo paese e non sto semplificando, ma la sensazione è che qui ci sia davvero qualcosa che tutti noi nei nostri paesi così sviluppati non sappiamo trovare e forse capire.

Mi godo dunque il percorso sperando di non arrivare mai e scattando milioni di foto e video. Arrivo al resort che dei cari amici Italiani, esperti di Africa, mi hanno consigliato e vengo completamente trafitto dalla bellezza di questo angolo di paradiso. Un gigantesco albero secolare ai piedi della spiaggia, con più tronchi che si uniscono in un enorme ombrello di foglie, fa ombra alla struttura moderna ma sobria. A fianco all'albero alcuni lettini in legno e poco sotto, sulla sabbia a pochi metri dall'acqua, un ombrellone di pagla intrecciata inserito in un tavolo esagonale con le panche per sedersi. Già mi vedo, dopo un bel lungo bagno, a fare mio questo tavolo in cui mangiare e dedicare del tempo ai racconti di viaggio, ed è infatti esattamente ciò che sto facendo in questo istante.
Grazie Malawi per tutto questo e come sempre grazie Mamma Africa!!

martedì 10 aprile 2018

Tanzania, lezioni e incontri straordinari..


Pare impossibile, ma anche se in ritardo rispetto la mia tabella di marcia, sono già in Malawi e già vedo allontanarsi questo pazzesco periodo in Tanzania..
All'inizio del viaggio eri solo un paese da attraversare sulla cartina, e oggi hai per me il sapore di casa con innumerevoli amici e almeno tre famiglie acquisite.
La nostra relazione l'anno scorso era iniziata un pò bruscamente tra il furto di Bagamoyo e il sequestro in taxi a Dar es Salaam. Ti eri già rifatta con il periodo a Zanzibar, ma seppur si dica che è lo stesso paese, in realtà sono quasi due mondi separati e quindi forse non conta. Quest'anno, al ritorno da Zanzibar infatti molti mi mettevano in guardia proprio su questo, dicendo che la Tanzania della terra ferma è pericolosa e non ha nulla a che vedere con Zanzibar. Ma si sa, il luoghi comuni e gli stereotipi si allungano come ombre sopra la ragione e creano fantasmi e giudizi irreversibili. Io, in barba a chi mi sperava di infettarmi con le proprie paure, avevo ben in mente di tornare a Bagamoyo dove avevo lasciato la bici. Quel posto, in qualche modo aveva ancora il sapore di quella notte sfortunata. Tornare significava mettere in dubbio quel giudizio, quel ricordo e darmi la possibilità di sovrascriverlo. Dopotutto, non è certo agli altri che facciamo un dispetto se proteggiamo le nostre paure, i nostri pregiudizi. E' solo a noi stessi che generiamo un nuovo limite, una nuova catena. "Non fare questo e quello che potresti pentirtene" ecco il grillo parlante, appunto parlante e non pensante, che ci avverte di rispettare le nostre paure, le nostre catene e di identificarcisi con esse.

STEREOTIPI

Nell'universo dei giudizi c'è spesso qualcosa di ironico, di scaramantico e recitato quasi come un mantra. Zanzibariani che mettono in guardia contro i mostri  della Tanzania continentale, Tanzanesi che dicono quanto il Malawi sia povero..ma povero rispetto a chi, a cosa? Ho visto molta povertà in Tanzania, come anche molta gente che possiede un conto in banca e preleva soldi qui a Karonga in Malawi. Senza contare che spesso in questi paesi per quanto poveri, cibo rifugio e famiglia non mancano quasi mai e con loro non manca la benefica allegria Africana. Dipende da dove vivi, cosa fai, chi sei, dalle contingenze della tía vita e da come le affronti, e non dal nome del paese che hai sul documento e dal pregiudizio che ti viene affibiato.
Un Malawese che ho incontrato in Tanzania e che vive li da un certo tempo, dice che li c'è molta violenza, cosa che onestamente proprio non direi.
Un amico Inglese che sta viaggiando anche lui in Malawi mi ha messo in guardia sull'epidemia di Colera che ci sarebbe qui a Karonga, ma chiedendo ai resort dicono che c'era almeno un mese fa e che ora è stato debellato..
Opinioni, idee, giudizi, preferenze, precauzioni esagerate..cosa diavolo è che si intromette tra noi e la percezione della realtà e che ci previene dal vedere le cose per quelle che realmente sono, senza cucirci sopra una storia? Viaggiare con questo sistema sempre attivo è un mancato incontro, è come essere ciechi e doversi basare sull'intepretazione degli altri per vedere il mondo.
Poi ancora, gente in Tanzania che si stupiva e inorridiva per il fatto che fossi passato in bici attraverso il parco nazionale Mikumi per il pericolo degli animali. Come se gli animali non avessero altro da fare che osservare la statale dove, tra l'altro, passano continuamente giganteschi tir, sperando di incontrare il primo sprovveduto da usare come spuntino. Ci vuole buon senso in tutto ciò che si fa, ma anche coraggio di vivere fuori dai pregiudizi, dalle paure e saperli affrontare e mettere in discussione, se questi arrivano a limitare la nostra libertà. Se avessi aderito a quelle paure, avrei dovuto trovare una strada alternativa al parco, cosa e difficile e forse impraticabile, visto che è la statale principale che connette la regione di Morogoro a quella di Iringa.

UNA SECONDA POSSIBILITA'

È in virtù del vedere la realtà per quello che è senza raccontarsi e raccontare storie che sono felice e fiero di aver vissuto le due esperienze di furto e sequestro l'anno scorso, perchè se ora dico la mia su questo paese non è l'opinione di un fortunello immacolato che parla di pace e amore, no, è l'opinione di uno che le mani nel fango ce le ha messe e che ha vissuto la realtà e non solo una favola incantata.
La Tanzania è un paese meraviglioso, fatto di persone pacifiche e ospitali, che il più delle volte si toglierebbero il pane dalla bocca per darlo all'ospite. Ma ma come dappertutto nel mondo, in certe condizioni, certe persone scendono a compromessi fino a mettere in discussione il rispetto per se stessi e per gli altri, il che è il terreno fertile sul quale può nascere un atteggiamento ostile o un azione  criminale.
E' cercando protezione da questi scenari che l'ombra di stereotipi e pregiudizi è sempre pronta ad allungarsi su di noi, ma allo stesso tempo dipende da quanto il nostro sole interiore perde di forza e ci lascia cadere nelle tenebre. Il tramondo del nostro sole è la vittoria delle ombre che si estendono su tutto il nostro mondo.
Pianificando il viaggio non ho mai avuto neppure un istante di incertezza al pensiero di tornare a Bagamoyo, dove ero stato derubato la prima volta l'anno scorso, evento questo che aveva causato la fine del mio viaggio in bici.
Volevo saper dare una seconda possibilità, così come si dovrebbe saper fare con le persone. Il giudizio lapidario, non dando speranza, non fa altro che spingere quelle persone a ripetere lo stesso atteggiamento, sapendo tanto che il giudizio è già stato emesso e non è sindacabile. Ma la vita è molto più complessa e imprevedibile. Bianco e nero non esistono in natura, ma solo infinite sfumature di questi.
Ecco dunque che tornando a Bagamoyo ho potuto sovrascrivere quelle emozioni, quei momenti e opinioni che mi ero creato su quella cittadina e forse, generalizzando, pure suli abitanti della Tanzania continentale.

UNA NUOVA CASA..

E' passato più di un mese dalla partenza del viaggio in bici da Bagamoyo. Innumerevoli facce, amici e luoghi in cui mi sono sentito a casa, seppur per poche ore, si avvicendano nella mia mente se ripenso a questo periodo volato così rapidamente. Volato si, ma anche sofferto, vissuto e sentito nelle viscere e nel corpo prima bruciato dal caldo e dal sole della regione costiera, poi messo a dura prova sulle infinite salite e discese in continua sequenza delle regioni interne.
Alternanza di forza e debolezza, altalena di alti e bassi emotivi. Da una parte la solitudine e il salto culturale, dall'altro l'entusiasmo che il corpo in movimento produce, la scintilla che scoccava così faticosamente ma che quando arrivava generava la propulsione necessaria al movimento.

Tanzania hai avuto il difficile compito di svezzarmi, di farmi le spalle, prendendomi da sognatore con un progetto ambizioso ma coi piedi d'argilla, rendendomi ora un viaggiatore consumato, sporco e contaminato con la cultura locale. Non solo contaminato ma pure intrecciato con la vita di molte persone, come le mie quattro stupende famiglie che ho acquisito, o forse meglio, dalle quali sono stato adottato lungo il cammino.

La famiglia Maasai a Mlela, conosciuta tramite Ryan, un Maasai di origine Kenyota che ha una parte della famiglia in Tanzania dove vive in questo momento.
La famiglia di Ebiath a Nyororo, che ho frequentato per un paio di giorni e con la quale ci sono possibili progetti aperti.

La famiglia di zia Flora a Chimala, donna d'acciaio con una vita straordinaria alle spalle e che ospita vari orfani a casa sua come fossero figli suoi. E infine la famiglia del fratello di zia Flora a Mbeya, dove ho particolarmente legato con la figlia Attu.

Intrecciato pure per brevi attimi con perfetti sconosciuti o cosi presunti, quando spesso mi sono perso per alcuni infiniti istanti nello sguardo di un bambino, di una bambina o anche di un vecchio mentre pedalavo. Lo sguardo dei bambini e dei vecchi è molto simile..forse perchè le maschere che portano iniziano a cadere nel caso dei vecchi e non si sono ancora formate nel caso dei bambini. In quegli occhi ritrovo me stesso, ritrovo tutte le persone care che abbia mai conosciuto e per alcuni istanti, mi sento a casa.
Tanzania mi hai saputo stupire fino all'ultimo, con l'incontroa Tukuyu dell'anziano signor Mwaipopo, una delle persone più dolci e tenere che abbia mai incontrato e che in brevissimi istanti mi ha reso partecipe del suo mondo e della sua vita tanto quanto un parente stretto.

NUOVO SALTO, NUOVO INIZIO DALLE BASI..

Ma ora è il momento di salutarci e scoprire cosa mi aspetta nel resto del viaggio.
La Tanzania, che all'inizio veniva ancora un pò coperta da una certa malinconia di casa, è diventata lei ora quel sapore di casa che qui in queste prima ore sento restarmi in bocca, e che mi fa provare una certa malinconia.
So bene però che non è vera malinconia ma paura dello sconosciuto mascherata da malinconia. Entro in un nuovo paese Africano, che non ho mai visto prima e dei quali cittadini non ho esperienza diretta. Cosa mi riserverà questo attraversamento?
Come sarà la mia esperienza?
Saprò sentirmi a casa anche qui come in Tanzania?

Un altro paese, con altri costumi e lingue, un sapore che ancora non conosco e non so se mi piacerà.
Poi ripenso a cosa voglia dire "paese", "cultura", "costumi" e a come sotto sotto le basi siano le stesse. L'abitante del Malawi è si diverso da quello della Tanzania, ma è pur sempre Africano, e allargando la visuale è sempre umano. Ecco, qui in Malawi riparto da questo, dalle basi ancora una volta e da ciò che c'è in comune, non dalle differenze. Sarebbe come usare una pietanza per insaporire il sale e non viceversa. Le differenze appunto sono come il sale, ma è la sostanza ciò che conta.

Per la nostra mente tuttavia un nuovo paese è un luogo ignoto. La missione dunque è coltivare quell'ignoto, farci amicizia, fecondarlo, entrare in esso e lasciare che esso entri dentro di noi. Penetrare l'oscurità dove nascono mostri e illuminare quel buio con la luce della nostra coscienza vigile, attenta e curiosa..come un faro che illumina la notte e mostra il cammino dipanando le ombre.

mercoledì 4 aprile 2018

Alla ricerca di Mwaipopo...

Breve storia del giorno:
"Alla ricerca di Mwaipopo.."

Prima di tutto si lo so non scrivo da secoli e vorrei fare un post dedicato a questo stupendo periodo in Tanzania..si perchè, rullo di tamburi.....già domani sarò in Malawiii!!!

Ma torniamo alla storia..
Dopo circa 50 km arrivo a Tukuyu, qui è dove Attu, la ragazza della famiglia che mi ha ospitato a Mbeya tre notti, mi ha raccomandato di fermarmi per essere ospitato da sua sorella e suo marito pastore protestante. Loro sanno già che arrivo e mi stanno aspettando. Seguo le indicazioni e nomino il pastore che pare essere conosciuto da tutti. Mi viene indicata la strada e vengo accompagnato da un ragazzetto che mi porta alla soglia della porta di una casa. Esce una signora alla quale chiedo se qui abita "Mwaipopo" e annuisce, nel frattempo un signore molto anziano si affaccia all'uscio della porta, invitandomi ad entrare. Mi indicano dove mettere la bici, entro e mi accomodo su uno dei tanti divani del soggiorno. Una ragazza molto giovane intanto mi serve del tè. La signora è taciturna e guarda un programma alla tv, Il vecchietto invece è davvero socievole. Mi presento aspettandomi che mi riconoscano, ma il signore, incuriositò del perchè conosco il suo cognome, mi chiede gentilmente chi mi ha indirizzato li da lui. Gli nomino Attu e la famiglia di Mbeya ma a lui nessuno di questi suona familiare. Gli mostro la foto di gruppo e per qualche istante sembra illuminarsi per poi dirmi che non conosce queste persone. Gli mostro il messaggio di Attu, lui lo legge in un ottimo ma lentissimo Inglese e quando arriva a "Pastor Mwaipopo" si accende e mi spiega che lui si è Mwaipopo, ma non è IL Pastore Mwaipopo che invece conosce e sa anche dove vive. Capiamo l'inghippo e il mio pensiero va subito all'ospitalità e alla fiducia che questo signore mi ha concesso senza conoscermi. Ormai ho il mio tè fumante in tazza e per non sciupare l'incontro seppur fuori programma, mi predispongo a socializzare. Lui mi racconta subito che l'evento è curioso soprattutto perchè la notte scorsa ha fatto un sogno in cui riceveva una visita da uno straniero da un altro paese, e con gli occhietti vispi si gongola del fatto che sia successo veramente. Mi racconta stralci della sua vita e poi mi dice di avere 84 anni.
E una persona dolcissima, sveglio e parla un ottimo Inglese, e infatti mi racconta di averlo insegnato per molti anni.
E' visibilmente felice di avermi li e mi chiede di firmargli un libro dei visitatori. Lo faccio volentieri e poco dopo gli porgo anch'io il mio diario in modo che possa fare lo stesso. Facciamo un foto assieme e poco prima di partire dice che mi vuole mostrare la casa, e pure la stanza degli ospiti dove, se voglio, la prossima volta che passo di qui posso soggiornare.



Mi porta a spasso per la casa tenendomi per mano, mostrandomi ogni dettaglio fino anche in bagno, la doccia, il wc e il lavandino. Mi mostra la stanza degli ospiti e per ultima la stanza sua e di sua moglie. In maniera molto dolce mi dice qualcosa del tipo "e questo è il mio letto, dove, quando sarò molto malato e prossimo alla morte, potrai venire a pregare per me". Mi sciolgo come burro al sole, e nel ringraziarlo per il calore della sua ospitalità e apertura cerco di trattenermi per non perdere acqua dagli occhi. Gli dico quanto questo mi riempia il cuore e pure mi stupisca per cotanta fiducia. Lui dice che col tempo ha imparato a riconoscere le persone e a "sentire" se chi ha davanti ha buone intenzioni e se ha il cuore puro. Il mio stupore tuttavia non diminuisce e so di non aver parole abbastanza efficaci per dimostrare la mia gratitudine. Torniamo al soggiorno dove saluto la moglie, ora davvero calorosa e che mi ribadisce quanto siano felici di avermi conosciuto. Ci salutiamo e mi avvio, un ragazzo mi accompagnerà dal "Mwaipopo" giusto ma il ricordo di quell'incontro mi colorerà le ore successive.




domenica 25 febbraio 2018

Zanzibar, impossibile lasciarti!!


Sono già passate due settimane dal mio arrivo a Zanzibar, volate, bruciate senza che me ne renda conto. Nei primi giorni l'arrivo con il sonno arretrato e l'impatto climatico e culturale si era mescolato con la fortunata coincidenza nel weekend di un grande festival "Sauti za Busara" che vedeva la partecipazione di moltissimi gruppi da tutta l'Africa. La presenza del festival aveva elettrizato l'aria a Stone Town, la pricinpale città di Zanzibar, e pareva tutto dovesse girare attorno a questo evento. I primi giorni la mia priorità assoluta era recuperare le ore di sonno, ambientarmi alla temperatura e godermi un pò di mare e sole senza esagerare. Ben presto però i miei piani sarebbero cambiati quando, conoscendo gente già la prima notte di ostello, mi sarei fatto convicere ad andare al festival. Il prezzo era davvero esorbitante, 50$ a serata, ma grazie al mio amico locale, il quale poi mi aveva ospitato la seconda notte, avrei trovato il biglietto per una frazione di quella cifra. Così, già la seconda sera, invece di dormire presto mi trovavo ospitato dal mio amico, dormendo per terra e diretto verso una serata di danze e musica. I giorni successivi iniziavo a riprendermi lentamente, intanto però conoscevo più gente, e il festival che continuava sembrava non poter essere ignorato. Il mio contatto inoltre mi trovava il biglietto per ancora meno, la metà della prima sera. A questo prezzo era davvero irrinunciabile.




Qui andrebbe fatta una parentesi anche su un breve evento che mi è capitato appena entrato al festival la prima serata. Quel mio amico, che non è certo l'unico a farlo, ha conoscenze tra gli addetti alla sicurezza. Con molta nonchalance parla con uno di loro e si accorda di dividersi la cifra se lasciano passare un certo numero di persone. Il prezzo a testa diventa una frazione di quello ufficiale, a volta anche un quinto, ed entrambe le parti rimangono più che soddisfatte. Così quindi era andata la prima sera. Tutto ok, solo che dopo già 10 minuti che ero dentro mi si avvicinano degli addetti alla sicurezza, dicendomi che non vedendo il braccialetto del festival, che per forza di cose, essendo stato imbucato non potevo avere, potevano sbattermi fuori se non gli davo una certa cifra. Ora, la cifra in questione era comunque irrisoria, e il tutto non avrebbe fatto perdere la convenienza, la domanda però era, chi mi avrebbe assicurato che poco dopo lui stesso o un secondo addetto non avrebbe giocato allo stesso giochino? Inoltre il tipo mi intimava che anche avessi deciso di uscire, all'uscita mi avrebbero chiesto i 50$ totali non vedendomi uscire con il braccialetto. Per tenermi d'occhio inoltre, mi avevano messo addosso un ragazzetto, che a suo dire era campione locale di boxe, a quanto pare pure vero come da video che mi mostrava su youtube. L'unico suo problema è che io, parlando un pò Swahili, mi stavo ingraziando il ragazzetto, facendogli i complimenti per la "carriera", facendogli domande, e lasciandogli solo poche occasioni per dirmi sommessamente "dai, amico, dagli i soldi e siamo apposto così". La situazione tuttavia era in stallo e ogni diceci minuti tornava quello della sicurezza sempre meno paziente dicendomi cosa avessi deciso. L'unica via d'uscita era il mio amico, che avevo già contattato intanto che parlavo col ragazzetto. Dopo un dieci minuti infatti arrivava lui, a suo dire con il "suo boss", addetto alla sicurezza anche lui, che mi chiedeva di indicare quale fosse il tipo che mi chiedeva soldi. In pochi minuti la situazione si sbloccava e il furbetto mollava l'osso avendo capito che ero protetto, considerando anche che quel mio amico è conosciuto un pò da tutti. Intanto io me la ridevo tra me e me pensavo che già a poche ore dall'inizio del viaggio ero in grado di vivere situazioni particolari come spesso mi accade ultimamente.
L'esperienza però è stata davvero bella e utile per rafforzare l'amicizia tra di noi. Lui è un gran bravo ragazzo, è un buono e lo si legge nei suoi occhi, anche se certo un bel furbetto come però tuttavia devi essere se vuoi restare a galla in un ambiente come questo. Mi chiama "fratello" e non manca di presentarmi come tale a chiunque si incontri. Da lui ho sempre la porta aperta, nel suo appartamento tipicamente Swahili dove l'anno scorso avevo passato tre settimane.

Cosicchè a Stone Town mi sento proprio di casa. Passo da stare una o due notti da lui per spendere meno, a passare una o due notti all'ostello, per conoscere gente e godermi un pò di aria condizionata, e non di meno per proporre ad altri viaggiatori e turisti delle escursioni che il mio amico propone, risultando quindi in un prezzo di favore a me e un guadagno a lui.



I giorni successivi quindi, volvano tra festival, riposo e qualche giro attorno a Stone Town.
Particolarmente piacevole è stata l'amicizia con un Greco e un Californiano mie coetanei conosciuti all'ostello. Il primo è quello che mi ha convinto a venire al festival, essendo in generale più festaiolo di me. Con lui c'era gran sintonia, anche lui davvero un bravo ragazzo e con il quale condivido molte idee e visioni.
Ieri tuttavia era giunto il momento di salutarci, loro per tornare sulla costa e io per muovermi verso il mare!!

ALLE SPIAGGE!!

Prendo contatti con un couchsurfing che conoscevo tramite un amico e non senza sforzo lascio Stone Town che comunque so che rivedrò presto. La mia meta sono le spiagge della punta nord-est dell'isola, le famose Kendwa e Nungwi. Prendo un collettivo locale da Stone Town eludendo le "offerte" di uno dei tanti furbetto che vorrebbe farmi spendere quasi dieci volte la tariffa dovuta, e in meno del previsto arrivo a Nungwi.
Appena arrivato seguo le indicazioni che mi son state date.. All'inizio mi perdo un paio di volte scoprendo di essere nel villaggio sbagliato, ma una volta in quello giusto mi accorgo di quanto tutto questo mi ricordi le famose avventure grafiche dei primi anni '90. Le indicazioni dicevano circa così: "Una volta nel villaggio, gira a sinistra al vecchio baobab con la scritta "Hilloo grill pub", poi dritto fino alla casa con un cancello rosso grande e con i pentacoli disegnati."

La casa, dentro un grande giardino è enorme, praticamente una villa di tre piani con terrazza che guarda il mare, dove all'aperto è stato piazzato il mio materasso coperto da una zanzariera bucata.



La mia ospite una ragazza tedesca che ha una figlia con un ragazzo locale e con loro vive una signora locale, a quanto pare tipo domestica con un figlio piccolo. Arrivo quasi al tramonto e il panorama è mozzafiato.




Resto incantato a guardare quel paesaggio, ma poi in un lampo prendo fotocamera e costume e volo in spiagga a godermi il tramonto. Sbaglio strada e senza volerlo passo attraverso un villaggio swahili, i bimbi mi rincorrono, mi salutano, e il tutto è avvolto dal sole in controluce quasi al tramonto che proietta una luce dorata su tutto ciò che vedo.



La scena è meravigliosa e nonstante tenti di immortalarla con i miei vari mezzi digitali, non mi resta che un meraviglioso ricordo e il desiderio enorme di poterlo condividere anche per un piccolo istante con chi non lo può vedere. Ecco, penso, l'origine di questa mia compulsione di fotografare, registrare..è anche che vorrei poter mostrare efficaciemente ciò che vedo alle persone care e non solo. Ma per assurdo, sarebbe forse più efficace la scrittura, se solo avessi la potenza descrittiva dei grandi scrittori.
Alla spiaggia incontro una coppia di spagnoli conosciuta all'ostello, un gruppo di Italiani e penso come sempre che è quasi impossibile sentirsi soli.

Una volta sceso il sole mi incammino per la spiaggia per fare due passi e incontro la famiglia che mi ospita. Seduti attorno ad una barchetta arenata, si godono il fresco della serata e la stellata che si fa sempre più visibile. Osservo la figlia, stupenda bambina mulata con una criniera crespa leonina marrone chiaro dai riflessi arancioni. Parla perfettamente tre lingue: Tedesco, Inglese e Kiswahili. Avrà circa dieci anni, ed è davvero intelligente. Dopo un pò ci incamminiamo verso casa. Lungo la stradina che si snoda appena sopra la spiaggia c'è silenzio, solo il suono della brezza tra gli alberi. Incrociamo dei locali - "Jambo, habari?", "Powa sana asante". Non c'è elettricità nei piccoli negozietti lungo la stradina, solo la fioca luce delle candele. L'atmosfera è commovente..sembra tutto più semplice con quella calda luce bellerina. Pochi beni in vendita, un pò di frutta e verdura, giusto l'essenziale perchè in realtà non serve altro. Aveva proprio ragione Terzani quando parlava dell'Asia che lui aveva conosciuto, un luogo dove la luce elettrica dei neon non era ancora arrivata e dove il mondo, di notte, veniva illuminato dalla danza delle fiammelle nelle lanterne ad olio. Penso per pochi istanti che quasi non vorrei sorgesse più il sole.. Luce e oscurità, qui questi due estremi qui sono molto visibili..di giorno il sole è potente, brucia come un laser ed è accecante. Di notte la sole luce delle candele e nelle case la debole luce di qualche lampada ad incandescenza.



Torniamo alla casa, mi viene preparata la cena, uova e patatine. Mi sento un pò in imbarazzo, nella mia testa pensavo già ad essere indipendente, mangiare fuori al volo e volare alla festa della quale tutti parlano. Ma come sempre, occhio a farsi troppi piani, perchè ancora non sapevo che sarebbero venuti tutti alla festa, e che la signora che vive con la famiglia mi avrebbe preso per suo compagno di ballo per tutta la serata, io che proprio ieri mi sentivo uccel di bosco. Tipico, lezione imparata, e nonostante qualche borbottio interiore, ci sta.
Sono le tre e mezza del pomeriggio. Ora quindi, recuperato il sonno dopo una notte in compagnia di tante zanzare in un comodo materasso in terrazza coperto da una grande zanzariera piena di buchi, una volta pranzato e scritto questo pezzo, andrò in spiaggia ora che il sole delle quattro è un pelo più gentile.

I giorni successivi volavano tra giri in spiaggia di giorno e party sulla spiaggia di sera e di notte. Poi un breve ritorno a Stone Town e di nuovo un ultima incursione a Kendwa beach.

L'AVVENTURA DEL DAU!!

Arrivava così il momento di pensare al ritorno, e mi stuzzicava molto la soluzione di viaggio che aveva scelto il mio amico Greco, e cioè con un Dohw, ovvero un mercantile/peschereccio locale a vela. E' in realtà una possibilità non contemplata ufficialmente, e ovviamente non permessa dal governo principalmente perchè considerata pericolosa. Tuttavia vari viaggiatori alla ricerca di un avventura diversa e la possibilità di evitare Dar es Salaam e il suo caos, scelgono quest'opzione della quale comunque si sente parlare davvero poco. Il mio amico l'aveva preso da Mkototoni, non lontano dalle spiagge del nord come Kendwa e Nungwi, ma sembrava che da la andassero quasi solo a Tanga, cittadina sulla costa a 7 ore di bus da Bagamoyo dove dovevo andare io. Tramite alcuni locali pareva che per andare diretti a Bagamoyo fosse meglio partire da Stone Town. Non essendo una cosa ufficiale tuttavia ci voleva pazienza, e aspettare di trovare il capitano giusto e pure il momento meteo giusto con il mare calmo.
Dopo un paio di giorni di tentativi e capitani che sparavo cifre imrpoponibili trovavo finalmente un Dohw da Stone Town. Una barchetta dalla spiaggia mi portava al largo inseguendo il Dohw, e una volta raggiunto trasbordavo con tutta la mia roba. Ero finalmente a bordo!! Altro che traghetto moderno, questo si che è viaggiare!! Mi sentivo come un viaggiatore di altri tempi, cullato dal leggero movimento dell'acqua, ammirando la grande vela gonfiata dal vento e il paesaggio al tramonto.




A bordo ero l'unico bianco di 14 locali, molti dei quali andavano a stare a Bagamoyo per un periodo per lavorare. Il cargo era principalmente taniche di olio di palma, partite da Zanzibar e trasportate sulla costa, ancora non mi è chiaro il perché
Una volta vicino alla costa, la vela veniva ammainata e nel frattempo una piccola barca a motore veniva verso di noi. Credevo fosse per noi, invece avrebbe caricato circa 50 taniche di olio, in maniera anche un po' nascosta. La barchetta poi partiva e si allontanava nel buio fino poi a sparire sentendone solo il motore per qualche altro istante.
La coppia che teneva la mia bici sulla casa sulla spiaggia, e che mi avrebbe ospitato per qualche notte, si raccomandava che non arrivassi troppo tardi tipo mezzanotte, perchè tra il bimbo piccolo e il lavoro la mattina dopo erano distrutti. Erano già le 22 passate e dopo la partenza della barchetta non succedeva nulla, nessun mi spiegava cosa stessimo aspettando e quando saremmo scesi a riva. Poco prima inoltre, mentre controllavo con la frontale le mie cose, uno dell'equipaggio mi avvertiva di spegnerla subito perchè mi avrebbero potuto vedere dalla riva..credo si riferisse al fatto che è vietato imbarcare turisti..
Dopo un attesa che era sembrata infinita, arrivava una seconda barchetta vuota nella quale finalmente montavamo noi per tornare sulla terra ferma. Dopo una certa confusione con i sodi per pagare il trasporto, nella quale c'ho pure rimesso pagando 5 volte il dovuto (cmq una cifra irrisoria..), arriviamo finalmente quasi sulla spiaggia. Saltino fuori dalla barca, acqua ancora alta al livello dell'ombelico e super sforzo per non lavare borse e cellulare che era in tasca. Dalla spiaggia, tutti assieme si tornava verso il villaggio e li prendevo un boda boda (moto taxi) che, dopo un certo suo  stordimento nell'interpretare delle indicazioni adatte persino a bimbi di tre anni, mi portava finalmente alla mia destinazione finale sano e salvo. Finiva così questo mio capitolo di inizio viaggio, tra ambientamento e spasso, tra natura e vita notturna locale, tra turismo e vita a contatti con i locali.

Ora sta per iniziare un nuovo capitolo, il vero motivo per me di essere qui...
Ma di questo vi parlerò nella prossima puntata!!


ENGLISH
------------------------------------------------------------------


Two week has already passed from my arrival in Zanzibar without me even noticing it, literally flyed! In the first days of my arrival with the jet lag, the huge cultural and climatic change, i found myself jumped in an over excited stone town due to a big and well known African music Festival called "Sauti za Busara".
Seemed like everything was there for the festival itself, making it impossible to ignore it. In the first days my priority was taking back my hours of sleep, adjusting to the temperature and enjoy a little bit of beaches taking it easy.
Soon enough though my plans would have changed, when meeting people at the hostel at my first night, i would have been convinced to go to the festival. The price however was relly prohibitive, being 50$ a night, but thanks to my local friend, where i've been hosted three weeks last year, i would have been able to find a ticket for a fraction of that price.
So then, at only my second night after the arrival, while i should have been recovering, i was being hosted in my friend's house, sleeping on the floor, an headed to a party night.
The next days anyway i was able to slowly take back my sleep and to get rested. Meanwhile tough i was meeting more people, and still the festival was an event impossible to be ignored.
My friend also granted me an even cheaper entrance, half of the first already affordable night. At this price it really was a pity not to go. What my friend does is talking with a security guy and make an agreement to let enter a number of people without the ticket for a set price, and then sharing the amount between them two.

Everything seemed good, when just after 10 min that i was in a security guy came close to me and asked me money for not being rejected from the area. Now, the amount was really not a problem, even with that the total price would have been a breaking deal. The question was, if someone else, or the same guy, would have come later asking more money to let me stay there. Also this guy kept telling me that if i walked out the festival not accepting his deal i would had to pay the full 50$ anyway.
To check me and convince me also, he place a young and strong guy on my side, that started to tell me about his boxe carrier, seemengly true since he was showing me his videos on youtube. His only problem was that me, speaking a bit Swahili and wowing his videos and asking lot of questions about his carrier i was getting his simpathy, leaving him just few moments where to weakly ask me "come on rafiki, give him the money and we're ok..". The situation however was a bit frozen, and about every ten minutes the security guy was coming back, every time pushing more, asking what did i decide.
The only way out i knew, was my friend, who i already contacted while i was talking with the boxe guy. And there he was coming just after few minutes, along with his "boss" security guy himself, asking me who was the guy giving me troubles. Few minutes later the situation was being solved, and i was laughing within myslef for how i managed to put myself as always in a crazy situations just few hours from my arrival. The experience though has been very interesting and useful to make our friendship stronger. He's a very good guy, you can see it in his eyes, even tough being very clever as you have to be to live in such a competitive society where rules are often an option.
He calls me brother and so it's the way he introduce me to everyone he meet in my presence
In his place i always find the door open, in his typical Swahili apartment where last year i've spent three weeks.

Therefore here in Stone Town i really feel like home. I can choose from staying in his place to keep costs down, to spend one or two nights at the hostel, to meet other travelers and cuddle myslef with the air con, and of course find other traveler and tourists who wants to do tours and activities organized with my friend, having so something really similar to a collaboration with him.
The days a after were flying, between the festival, resting and some walkabout in Stone Town.
Particularly nice has been the friendship with a Greek guy and one from California that i've met at the hostel. The first one was the one pushing me to go to the festival being generally speaking more partying than me. With him i had a very good connection, having many ideas in common.
However soon came the moment we had to split, he going back to the mainland and me going towards the beaches for few days. I contacted a couchsurfing who i knew through a friend and left Stone Town feeling pulled out of my comfort, even knowing i'd have been back soon.
I'm headed to the main beaches of the nortern tip of the island on the east side, the famous Kendwa and Nungwi.

TO THE BEACHES!!

I take a public transport from Stone Town avoiding the "offers" of one of the various clevers guys that woul like to charge almost ten times the right amount. Soon arrived in Nungwi i followed the indications that my host gave me..
At the beginning i've go lost a couple of times being in the wrong village, but then once in the right one i realized how this seemed like being in an old graphic adventure from the early 90's. The directions were like: "Once in the small village, turn left at the old baobab with a sign saying "Hilloo grill pub", then straight till the house with the big red gate with pentagrams on it".

The house was huge with a big garden, actually a three stories villa with the last floor being a terrace looking at the ocean, where they placed my matress covered by a mosquito net full of holes. My host a German girl with a daughter had with a local guy, and living with them, a local woman seemengly a helper having a small child.
It's almost the sunset and from the terrace the view is stunning. I get lost few minutes looking at that panaroma, but then in a moment i take my camera and the costume and i fly to the beach to enjoy the sunset.
I take the wrong way and without planning it i pass through some Swahili houses. Many kids runs against me greeting, where everything is coloured by the sun very low just in front of us projecting a warm golden light. The scene is amazing, and even trying to freeze it by my digital means, all i can keep is a wonderful memory and still the burning desire of sharing it with everyone.
Here, some of the compulsion of taking photos, comes from the desire of sharing something unique. But funny enough, would be probably more effective in sharing it the writing of it, if only i had the descrpitive power of the great writers.
At the beach i meet a Spanish couple i knew at the hostel and a gourp of Italian, and as always i think how hard is to feel lonely.
After the sunset, dark all around and with the star shining, i walk along the beach and i meet the family that host me.
Sit on the sand around a small boat, they enjoy the refreshing wind of the evening and the amazing stars.
I look at my host's daughter, a beatiful mulatta little girl with a light brown leonine mane with orange reflections.
She speaks fluently three languages: German, English and Kiswahili. She is about ten years old, and very smart and brilliant.

THE MAGIC LIGHT OF A CANDLE

After a while we start walking back to the house. Along the small road staring from the beach there a quite silence, only the sound of the breeze running through the tree leaves.
We coss locals - "Jambo, habari", "Powa sana asante". There no power on the small shops along the road, only the dim light of the candles. The atmosphere is touching..everything seems much more simple seens in that warm dancing light. Few things are sold on the shops, some fruit and veggies and basic house products, just the essential cause actually you don't need much more.
I think about Terzani, the Italian journalist.. he was right when talking about the old Asia that he could experience, a place where the neon lights still had to come, and where the world at night were lit by the dance of the little flames in the oil lanterns.
For few moments i almost think i would stay like this forever, not having the sun to come. Light and darnkess, these two extremities here are much more visible.. during the day the sun is powerful and burn like a laser. In  the night the candles or some weak light bulb in the houses.

Back at the house i had my dinner: eggs and fries. I apreciated so much this, but in my head i was going out having some quick food and then run at the party, but as always, plans changes so easily..
I still didn't know infact, that everyone wanted to go at the party, and that the woman living with the family will have taken me as her dancing partner for all the night, right when i was feeling free like a bird..
All right, lesson learned, fair enough and all good anyway.
It's now three thirty in the afternooon. Now, once getting back my sleeping hours from a long night spent with hundred of mosquitos in my matress in the terrace covered by a net full of holes, and once having had lunch and written this, i'll go to the beach now that at about 16.00 the sun is a bit more gentle.

The next days had gone so fast between beach life during the day, and beach parties during the night. Then a quick return to Stone Town and after a last day in the beach

DHOW ADVENTURE

The time of leaving the island had come, and something that really intrigued me was the way my Greek friend went back to the coast. Not by the offical ferry, instead by a local Dowh, which is a sailboat used as a transport/fishboat?.
It is not allowed officially by the government as it is considered possibly dangerous. However the are quite an amount of travellers seeking for an adventure and the chance to avoid Dar and its chaos.
My friend took it in Mkototoni, not far from the beaches in the North like Kendwa and Nungwi. It Seemed however that the makority of the boats from that departure were going to Tanga, which is in the coast, but at 7 hours of bus from Bagamoyo.
Talking with some locals seemed that to go directly to Bagamoyo was better taking it from Stone Town. Not being an official service though i had to be patience, and find the rifght moment and the right captian, nonetheless the right day with a calm sea. After a couple of days trying tough i finally found a Dohw from Stone Town. A small boat brought me off the city, chasing the Dohw that, in that very moment, was leaving the port with the engine while setting the sails. Once reached them, they were linking the small boat to the Dohw and i was quick jumping on my transport. I was finally on board!! That was much better than the offical ferry, this was truly traveling!!
I was feeling like an old time traveler, rocked by the sweet movement of the water, admiring the big sail blowned by the wind and the landscape in the sunset. On board, i was the only white between 14 locals, most of them were going to live and work in Bagamoyo for a while.
The cargo was almost only oil palm jerrycans, loaded in Zanzibar and directed to the coast, still i don't know why.
Once found a comfortable position and making some friends, i enjoyed my trip that in just bit more that four hours will have brought us at our destination.
Once close to the coast the sail was lowered and meanwhile a small boat was coming toward us. I tought was our transport to the beah, but instead it would have started unloading about 50 oil jerrycans, aso in a hidden way. The small boat then was leaving in the darkness until disappearing, and for few moments only knowing it was there by the noise of the engine.
The couple who was keeping my bike in their house on the beach, and whom will host for some days, asked me to please not come too late, like midnight, as they are usually very tired between work and a small child plus being soon relocating in Europe.
It was already past 22, and after the small boat left nobody explained me anything more and when we would have been brought to the beach. A while before also, when i was checking my stuff with my headlamp, one of the crew members warned me about being seen from distance..i guess cause it's not allowed to carry tourists..
After a time that seemed very long, here was coming a second empty boat, where we would have finally carried to the beach. After some confusion with the payment for the transport, where i even paid 5 times more my fare (still a derisive amount) we finally got to the beach. Jumped out in the water, still at belly level and with big effort not to get my stuff wet and my mobile still  in my pocket. From the beach, we all moved to the village, where i've found a boda boda (moto taxi) that, after misunderstanding multiple times very easy directions, he finally could get me to my friend's house.
Ends like this the first chapter of my journey, between acclimatisation and fun, between nature and night life, between tourists and being in deep touch with locals.

Now soon will begin a new chapter, the real deal, the motivation for me to bein here.

mercoledì 21 febbraio 2018

Kwaheri Zanzibar!!

Le luci di Zanzibar sono ancora lievemente visibili. Stiamo navigando al buio, solo un quarto di luna e migliaia di stelle a mostrarci la via. È strano, mi sento quasi come lasciare casa. Queste due settimane sono state così intense e piene, e tuttavia sono appena all'inizio di questa mia lunga avventura.. 
Zanzibar mi hai dato molto e mi mancherai un sacco!! Grazie di cuore a tutti i fratelli che ho incontrato li.. Non passerà molto prima di tornare!!


The lights of Zanzibar are still a bit visible. We are sailing in the dark, just a quarter of moon and thousands of stars to show us the way. It's funny, i feel like almost leaving home. This two weeks have been so intense and full, and still I'm just at the beginning of my adventure.. 
Zanzibar you gave so much and I'll miss you a lot!! Thanks from the heart to all the brothers i have met there and will not be long time before i come back!!